All’omicida di Longera 30 anni in Appello

Confermata la condanna per il kosovaro Tepeku ritenuto colpevole dell’assassinio di Bruna Cermelli
Ramadan Tepeku con l'Cesare Stradaioli in una foto che si riferisce al processo di primo grado
Ramadan Tepeku con l'Cesare Stradaioli in una foto che si riferisce al processo di primo grado

Trent’anni erano e trent’anni sono rimasti. A questa pena la Corte d’Appello ha condannato infatti Ramadan Tepeku, il giardiniere kosovaro di 42 anni ritenuto l’assassino di Bruna Cermelli. Il collegio presieduto da Pier Valerio Reinotti, a latere Fabrizio Rigo, e composto da otto giudici popolari, ha accolto le richieste del procuratore generale Carlo Sciavicco che, nella sua requisitoria, aveva chiesto appunto la conferma della condanna di primo grado.

Trieste, catturato a Bologna l’assassino di Longera
Foto Bruni 20.03.13 Omicidio di Longera:i carabinieri del RIS-dott.Costantinides

Il difensore Cesare Stradaioli si è battuto, fino alla fine, per l’assoluzione di Tepeku, cercando in tutti i modi di dimostrare l’assoluta estraneità del suo assistito dall’omicidio avvenuto il 13 marzo di due anni fa in una villetta di Strada per Longera. La sentenza è stata letta pubblicamente l’altra sera dal presidente Reinotti dopo due ore di camera di consiglio. Tepeku non ha avuto la benchè minima reazione. È stato preso in consegna dagli agenti della polizia penitenziaria che poi lo hanno riaccompagnato nel carcere di Padova dove è detenuto. Presente in aula l’avvocato di parte civile, Luca Maria Ferrucci.

Nel pomeriggio i giudici e gli avvocati avevano effettuato un sopralluogo nella villetta di Longera. Era stato richiesto dall’avvocato Stradaioli per consentire ai giudici di rendersi conto del luogo dell’omicidio ma pure per interrogare la vicina di casa Isabella Furlan, ritenuta la testimone-chiave dell’omicidio. Furlan ha confermato le dichiarazioni già rese durante le altre fari processuali e anche in istruttoria. Chi quel giorno aveva visto, mentre stava superando il muretto di cinta della casa, era proprio Tepeku. Insomma, nessun dubbio. Prove pesanti come macigni. Anche se, come ha dichiarato il difensore che si riserva di ricorrere in Cassazione, «bisognerà attendere le motivazioni per capire».

La ricostruzione è agghiacciante. Bruna Cermelli è morta mentre quell’uomo - poi identificato in Tepeku - la stava violentando stringendole sempre più forte le mani sul collo fino a soffocarla. Il suo cuore si è fermato mentre l'assassino le stava usando violenza. Quel giorno lui - secondo la ricostruzione fatta propria dal pg - era stato sorpreso dall’anziana nella camera da letto mentre tentava di aprire la cassaforte.

Dopo averla violentata e averla uccisa ne aveva ricomposto il cadavere. A questo punto Tepeku aveva ripreso a tentare di forzare la cassaforte asportando dal portello il tastierino numerico. Poi - forse perché disturbato dall’arrivo di qualcuno - aveva rinunciato. Era fuggito gettando in un cassonetto per i rifiuti di via Canciani il tastierino stesso, con un paio di guanti da giardiniere e altri attrezzi.

L’assassino era stato arrestato quattro mesi dopo, in luglio, nelle vicinanze di Bologna al termine delle indagini dei carabinieri. A lui gli investigatori erano arrivati dal confronto delle tracce del Dna trovato nei liquidi organici sul luogo del delitto e quelle sui mozziconi repertati dopo la sua prima individuazione.

Una ventina di giorni dopo l’omicidio Tepeku era ritornato nella villetta di strada per Longera. Ad accorgersi dell’intrusione erano stati gli stessi carabinieri durante un sopralluogo avvenuto il 21 aprile del 2013. Avevano trovato infatti alcune impronte di scarpe sul pavimento e varie tracce su una maniglia. Dagli accertamenti era emerso che l'impronta sinistra apparteneva alla suola sinistra di un paio di scarpe Clark sequestrate nel corso della perquisizione avvenuta al momento dell’arresto di Tepeku, appunto, nel luglio del 2013.

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