All'ippodromo di Trieste rivivono le “derapate” anni ’50

TRIESTE Era dai primi anni ’50 che all’ippodromo di Montebello non si sentiva più il rombo delle moto da speedway, i bolidi che curvano in “derapata”. Fu in quell’epoca infatti che si decise di non organizzare più gare di quel tipo, riservando la pista di sabbia da 800 metri ai cavalli del trotto. Ieri pomeriggio però, grazie all’impegno dei volontari e degli appassionati del Moto club Trieste, che a Montebello ha da qualche anno la propria sede, la magia si è ricreata.
I componenti della ultracentenaria associazione motoristica hanno allestito infatti una rievocazione storica che ha visto tornare sull’anello da corsa le indimenticabili “Rudge- Whitworth”, le motociclette della casa britannica diventate famose, in virtù dei loro successi, a cavallo degli anni Trenta e Quaranta. Nel secondo dopoguerra, anche per la presenza dei tanti militari statunitensi e britannici in città, l’ippodromo, che aveva ancora le vecchie tribune in legno, poi sostituite da quelle attuali in muratura, diventò così, periodicamente, meta di migliaia di amanti del genere, che volevano assistere a queste competizioni spettacolari e pericolose, perché lanciare a tutta velocità una motocicletta su un circuito di 800 metri, con le curve molto strette come quello di Montebello, non era - e non è - mica impresa per tutti.
Lo speedway, o dirt-track che dir si voglia, ha sempre suscitato un enorme fascino e la Sezione storico culturale del Moto Club Trieste, guidata da Massimo Pacor, dopo una lunga ricerca, ha offerto ieri alla città un’occasione che, molto probabilmente, resterà unica, cioè quella di rivivere i gloriosi fasti di un passato, quando l’ippodromo era uno dei centri più vitali di Trieste. Il pomeriggio si è aperto con l’esposizione di una decina di prestigiose motociclette “Rudge-Whitworth” da corsa prodotte dal 1925 al 1938. Poi i piloti, bardati con le tenute originali del tempo, nonostante il caldo, hanno dato vita a una magnifica passerella in pista. È stato il momento più suggestivo del pomeriggio, con tanti anziani a bordo pista pronti a rinverdire vecchi ricordi, e molti giovani affascinati da quelle cromature d’altri tempi, da una meccanica che oggi sembra lontana anni luce e che invece all’epoca rappresentava la tecnologia d’avanguardia.
Alle 18, a conclusione della giornata, c’è stata pure una conferenza sul tema, con collezionisti e restauratori che hanno discusso degli aspetti storici e tecnici legati a questo antico marchio inglese, che si distinse per le avanzate soluzioni tecnologiche, per l’efficienza, l’affidabilità e l’eleganza della propria produzione. Un capitolo a parte è stato poi dedicato a un pilota del tempo, molto seguito dalla tifoseria e il cui nome era ammantato da un velo di mistero: Adolfo Marama Toyo, eclettico pilota e costruttore fiumano di origini egiziane, che importò lo speedway in Italia e nei paesi danubiani, paladino della “Rudge-Whitworth”, e geniale progettista di motori, che firmò avveniristici prototipi col produttore lombardo Plinio Galbusera. Marama Toyo divenne leggenda anche perché morì in corsa, il 30 maggio del ’46, proprio sulla pista di Montebello.
A corollario della manifestazione, nella sede del Moto club, all’interno dell’ippodromo, è stata allestita una bancarella con i libri prodotti dalla Sezione storica in anni recenti, in occasione delle grandi rassegne presentate a Trieste.—
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