Allarme terrorismo, un pool anti-Jihad a Trieste

Il capoluogo giuliano è la tra le città a rischio attentati dove il Viminale potrebbe inviare le unità speciali della Polizia. In Friuli Venezia Giulia sono già un centinaio gli islamisti sorvegliati speciali
Controlli anti-terrorismo in un aeroporto
Controlli anti-terrorismo in un aeroporto

TRIESTE La minaccia del terrorismo di matrice islamica soffia anche a Nordest. Anche in quel Friuli Venezia Giulia sempre di più porta di ingresso in Italia dell’immigrazione clandestina dalla rotta balcanica, e i cui confini sono sferzati da un’osmosi malavitosa silenziosa, percorsi da ombre di proselitismo dedite a reclutare combattenti da indirizzare alla jihad. L’allerta è alta, tanto che anche a Trieste presto arrivaranno le unità operative antiterrorismo della Polizia di stato. Ci sarebbe, infatti, anche il capoluogo regionale nella lista delle città considerate a rischio di attacchi a firma del fondamentalismo islamico, e messe nero su bianco nel piano prevenzione attivato dal Viminale a seguito degli attentati di Parigi a Charlie Hebdo, nel gennaio scorso, che provocarono numerose vittime.

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Dopo Napoli, infatti, i poliziotti anti Isis sono entrati in servizio lo scorso 7 luglio a Firenze e il 5 agosto a Padova, e presto potrebbero arrivare anche a Trieste, insieme ad altre città di medio o piccole dimensioni. Anche se ancora non è chiaro con che tempi, perché i poliziotti da destinare allo specifico addestramento non sono ancora stati individuati. Si tratterebbe comunque di una decina di agenti selezionati dalla questura su base volontaria, ma anche su precisi requisiti psicofisici e attitudinali, da arruolare tra il personale più giovane della Squadra volanti, del Reparto prevenzione crimine e del Reparto mobile.

Dopo uno specifico corso di addestramento a Nettuno, alla Scuola superiore di Polizia, le unità saranno immediatamente operative in strada, a presidiare la sicurezza di luoghi considerati sensibili, pronti a intervenire in caso di attentati, così come prevede il piano del ministero dell’interno partito lo scorso marzo. L’intento è di creare in diverse città d’Italia squadre di poliziotti scelti ed addestrati a reagire all’emergenza di eventuali attacchi: forze speciali, dunque, in grado di intervenire prontamente anche in «scenari di elevata criticità», con l’obiettivo primario della messa in sicurezza delle persone.

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A Napoli, Padova e Firenze, due equipaggi di agenti arruolati tra le forze delle fiamme oro stanno già monitorando la città quotidianamente. Musei, scuole, luoghi di culto, ma anche palazzi istituzionali e università che anche a Trieste saranno sorvegliati dagli agenti a bordo di camionette blindate e ben visibili. Gli uomini del nucleo saranno equipaggiati con caschi, giubbotti antiproiettile e armati di fucili mitragliatori a canne lunghe. Secondo i protocolli già attivati, le squadre non avranno postazioni fisse ma verranno spostate di volta in volta dalla questura a seconda delle occasioni a presidio dei luoghi ritenuti più rischiosi.

La soglia di guardia finalizzata alla prevenzione, invece, in Fvg era già salita anche dopo gli attentati di in Tunisia Francia e Kuwait, quando il Viminale aveva disposto una stretta dei controlli sugli stranieri ai responsabili delle Digos delle principali questure italiane, Trieste compresa, perché, come aveva detto il ministro degli Interni Angelino Alfano, «nessun Paese è a rischio zero». Tanto che in tutto il Friuli Venezia Giulia sono un centinaio i sorvegliati speciali da Digos e Ros.

Persone di fede musulmana considerate sospette e tenute sotto osservazione, una ventina circa quelle che graviterebbero intorno a Trieste. Serrato anche il monitoraggio di moschee e luoghi di aggregazione, e su uomini e famiglie provenienti dal nord Africa e dall’Est Europa che sono arrivate da poco tempo ma che hanno già messo radici sul territorio.

Nessun allarme terrorismo, ma l’indicazione è quella di non sottovalutare alcun segnale di pericolo. Basti pensare che dall’inizio dell’anno dei 37 i sospetti espulsi dal nostro Paese, musulmani dediti al proselitismo su internet, alla predicazione della jihad e al reclutamento di foreign fighters all’interno di cellule organizzate, diversi erano combattenti provenienti dai Balcani, Kosovo, Serbia, Bosnia.

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