Allarme globale coronavirus, a Singapore manager friulano rischia la quarantena
TRIESTE. Racconta di portare la mascherina «per rispetto». Anche perché, spiega, «qui lo fanno tutti». E infatti le mascherine sono esaurite, mentre i casi di coronavirus aumentano: la conta, a Singapore, è arrivata a quota 47. Stefano Savi si trova lì per lavoro tutte le settimane. Arriva il lunedì, riparte il venerdì e il week end lo trascorre nella capitale della Malesia, Kuala Lumpur, dove risiede con la moglie. Una routine che potrebbe interrompersi nel caso in cui, in queste ore, uno dei due Paesi decida di mettere in atto una quarantena, come già fatto a Singapore per le persone provenienti da zone interne della Cina.
Nativo di Conegliano, ma cresciuto tra Cervignano e Palmanova, il 37 enne Savi ha lasciato l’Italia nel 2007 per trasferirsi prima in Inghilterra e poi in Asia. Direttore della Gpsnr, organizzazione no profit che si occupa di sostenibilità sulla gomma naturale, anche all’inizio di questa settimana ha preso un volo direzione Singapore per la consueta trasferta di lavoro.
«Già nei trasferimenti – spiega il manager friulano, che in Malesia è referente della comunità italiana per l’ambasciata – si notano gli effetti della preoccupazione per il coronavirus. La maggior parte delle persone indossa la mascherina, ma si nota anche la diminuzione delle presenze su collegamenti che solitamente risultano tutti occupati. Un amico della compagnia low cost Airasia mi segnala per esempio un calo dei passeggeri del 20%. Non c’è troppa voglia di andare in aeroporto».
In questi giorni il numero di persone contagiate è aumentato, ma la novità è che, dopo i primi casi “importati” dalla Cina, si sono riscontrate trasmissioni del virus interne a Singapore. Con conseguente innalzamento dello stato di allerta da giallo ad arancione. «Qui il governo è molto efficiente – puntualizza Savi – ed è stato rapidamente rimesso in moto il Disease outbreak response system condition, un sistema di monitoraggio costante utilizzato ai tempi della Sars e che serve anche a informare i cittadini delle opportune precauzioni: dall’igiene personale all’invito a non frequentare aree affollate, fino alla misura di rispetto dell’indossare le mascherine.
Pur sapendo che servono a poco, è comunque buona cosa utilizzarle nel caso in cui ci si trovi ad avere anche solo un raffreddore e ci si stia recando dal medico per accertamenti. Un protocollo molto asiatico: si pensa a proteggere il prossimo, non si dà troppo peso a un comportamento che altrove potrebbe sembrare strano. Di mascherine, non a caso, non se ne trovano più. Come pure i fazzoletti disinfettanti umidificati».
Savi evita allarmismi. Anche perché il tasso di mortalità «è molto basso e, dato che in qualche situazione è mancata la diagnosi, è possibile che siamo ancora più sotto rispetto alle informazioni che ci vengono fornite dai media locali». Ma fa comunque sapere che la quarantena è tutto fuorché esclusa, visti i dati del sito del governo di Singapore: 47 casi di coronavirus confermati e 43 sotto esame.
E dunque, tra una riunione e l’altra, l’intenzione è di anticipare il rientro a Kuala Lumpur (dove i casi accertati sono al momento 18) per evitare il rischio di non poter rivedere la famiglia per un po’ di tempo: «I voli ci sono, visto che parliamo della rotta più frequentata al mondo, ma ho in programma una serie di meeting che mi impegnano ancora per un paio di giorni. Tra giovedì sera e venerdì mattina spero però di poter tornare a casa». Prima di una possibile chiusura dei collegamenti.
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