Allarme dei cattolici La Bosnia invasa dai fanatici islamici
di Stefano Giantin
BELGRADO
Pericolo fondamentalismo in Bosnia. Il Paese sarebbe nel mirino degli estremisti islamici, che cercherebbero di influenzarne il futuro emarginando, con il beneplacito delle autorità nazionali, la minoranza cattolica. L’allarme è stato lanciato dall’arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic, in una dichiarazione rilasciata durante una visita all’associazione caritatevole cattolica “Kirche im Not” a Koenigstein, in Germania. Il cardinale, il più influente rappresentante della Chiesa cattolica in Bosnia - un moderato che ha rischiato più volte la vita durante la guerra e che si è distinto per i coraggiosi richiami alla difesa dei diritti umani e al rispetto della tolleranza religiosa - non ha usato mezzi termini. Il proliferare delle moschee e dei centri islamici nel Paese, riporta Radio Vaticana, è finanziato dai «petrodollari dell’Arabia saudita». In pochi anni «almeno settanta moschee sono state costruite a Sarajevo», fungendo da poli di attrazione per nuovi adepti del radicalismo. Il porporato, nominato cardinale da Wojtyla a soli 49 anni, ha quindi indirizzato il discorso sul tema del wahhabismo, il movimento degli integralisti radicali sbarcati nei Balcani durante la guerra per combattere a fianco dei musulmani bosniaci. E che oggi conterebbe fino a 3-5mila adepti. «Nessuno nel governo ha il coraggio di agire per fermare questi sviluppi», ha detto Puljic, rischiosi perché secondo un rapporto dell’ong cattolica tedesca «100mila giovani bosniaci musulmani sono venuti a contatto negli ultimi anni con il wahhabismo». Mentre le moschee sorgono come funghi, alla Chiesa cattolica viene invece regolarmente ritardata la concessione di permessi per la costruzione di nuove chiese, ha sottolineato l’arcivescovo. «I cattolici sono sistematicamente svantaggiati», questo l’ultimo allarme lanciato da Puljic, che ha infine chiesto parità di trattamento sul lavoro e nel mondo dell’istruzione per una minoranza religiosa che comprende il 10 per cento della popolazione. «Il cardinale ha offeso la sua città, il suo Paese e i suoi vicini bosgnacchi, solo perché costruiscono moschee e perché tra loro ci sono tra i tre e cinquemila wahhabiti, ma le autorità dello Stato non hanno il coraggio di “ripulirli”, come altre istituzioni hanno fatto a Prozor, Stoca, Capljina e Livno», gli ha risposto con estrema durezza – facendo riferimento a ben più crudeli pulizie etniche - il Rijaset, il massimo organo che rappresenta la comunità musulmana in Bosnia. Ma esiste veramente un’emergenza fondamentalismo islamico a Sarajevo? Per capire le dichiarazioni di Puljic, «si devono analizzare in modo più ampio gli sviluppi del fenomeno nel Paese. Negli ultimi sei anni abbiamo visto una radicalizzazione di tutte le posizioni politiche ed etniche, dei bosgnacchi, dei serbi e dei croati, e in particolare dei loro rappresentanti politici», risponde al Piccolo Srecko Latal, ex corrispondente in Bosnia per l’Associated Press durante e dopo il conflitto e oggi analista dell’International Crisis Group. I wahhabiti «sono presenti qui a partire dalla guerra. Dal punto di vista quantitativo fonti diverse danno numeri diversi, ma quelli che ho io variano da due a tremila e non sono stabili, perché è gente che va e viene. La loro presenza è un problema – illustra Latal – ma finora abbiamo in mano poche prove che rappresentino un’incognita per la sicurezza». L’attenzione dei media, soprattutto dopo il recente attentato contro l’ambasciata Usa a Sarajevo, ha stimolato l’interesse verso i wahhabiti. Ma il problema vero – e forse è proprio questo che Puljic voleva rilevare – è un altro, ben più serio. «Le problematiche che influenzano questa e ogni altra questione riguardo la sicurezza dipendono dalla stabilità economica, politica e sociale. Più stabile è la Bosnia-Erzegovina», un Paese dove lo forze politiche solo 15 mesi dopo le elezioni sono riuscite a mettersi d’accordo su chi designare come primo ministro del governo centrale, «e maggiore è il coordinamento tra le agenzie di sicurezza locali – conclude l’analista – più la presenza dei wahhabiti o di altri gruppi rimarrà circoscritta».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo