Allargamento a Est, paletti più rigidi per i Paesi candidati a entrare nell’Ue
BELGRADO. Regole ancora più stringenti di quanto lo siano ora – per far contenta la Francia di Macron - e maggiori poteri agli arbitri, che avranno facoltà di sventolare più cartellini gialli e rossi di quanto sia possibile oggi, rallentando o addirittura congelando il processo d’adesione. Processo d’adesione alla Ue dei Paesi balcanici ancora fuori dal “club” che sarà più complicato, nel prossimo futuro.
Lo sarà dopo che la Commissione europea ha presentato ieri una importante proposta per riformare la «metodologia» del processo d’allargamento della Ue ai Balcani, che accoglie molti dei suggerimenti fatti da Parigi, dimostrandosi sensibile alle pressioni ricevute nei mesi scorsi dopo l’ultimo no al via libera ai negoziati d’adesione con Skopje e Tirana.
Cosa cambia? Per ora nulla, dato che tutti i 27 dovranno fare propria l’iniziativa della Commissione prima che essa diventi operativa, in tempo per il summit Ue-Balcani di Zagabria, in programma a maggio. Ma se luce verde sarà, il processo d’allargamento diventerà indubbiamente più selettivo e monitorato. Da una parte, i Paesi candidati dovranno focalizzarsi «con più forza sulle riforme fondamentali», impegnandosi anima e corpo nel miglioramento delle istituzioni democratiche e dello stato di diritto in particolare, ma anche imprimendo slancio alle proprie economie.
Il processo sarà anche più «dinamico», dato che i capitoli negoziali – oggi 33 – saranno raggruppati per aree tematiche, velocizzando l’iter. I bravi saranno poi premiati. L’Ue potrà mettere in campo «incentivi» per i migliori della classe, come «un’integrazione accelerata» nel mercato unico o nei programmi Ue, con la possibilità di ricevere più fondi preziosi, che porteranno «benefici tangibili» ai cittadini balcanici, ha detto la Commissione.
Per i discoli, invece, si prospettano tempi duri. Chi non si impegnerà abbastanza o farà gravi passi indietro sarà severamente punito. Nella riforma sono previste infatti ammonizioni concrete, che prevedono «il rallentamento dei negoziati» d’adesione, ma anche misure più draconiane, come «l’aggiustamento» al ribasso dei fondi e di altri «benefici».
L’arma finale sarà però rappresentata «dalla riapertura di capitoli» negoziali già chiusi o persino «dalla sospensione» temporanea o «totale» dei negoziati per chi sgarrerà in maniera marcata. Se due terzi dei paesi Ue si opporranno, tuttavia, il cartellino rosso potrebbe essere ritirato. A vigilare sul processo saranno anche singoli Stati membri Ue, che potranno monitorare i progressi dei Paesi candidati, una prospettiva che dovrebbe ammorbidire Francia e Olanda.
Chi giocherà con le nuove regole, se approvate? La nuova metodologia, ha precisato la Commissione, riguarda per ora solo Albania e Macedonia del Nord. Ma Serbia e Montenegro potranno decidere di chiedere l’applicazione della nuova metodologia, dato che «molte proposte» in essa contenuta «potrebbero essere attraenti» per Belgrado e Podgorica.
Si tratta di un «messaggio positivo per i nostri amici dei Balcani occidentali», un «piano credibile e dinamico» che spiana la strada in particolare «all’apertura dei negoziati con Macedonia del Nord e Albania» e rilancia l'allargamento, ha assicurato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Ma la proposta deve essere accettata da tutti i 27. E «non essere annacquata», altrimenti sarà ancora semaforo rosso per Skopje e Tirana, ha fatto sapere ieri Parigi.
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