Alla Lanterna d’Oro gli affreschi murari disegnati da de Finetti scoperti a Corona

Le bozze su cartone trovate nella villa dell’artista oggi rinomata osteria furono riprodotte nel locale di Borgo Castello ormai chiuso da tanti anni 

punti di vista

Diego Kuzmin

Gorizia dei misteri. Mentre si infittisce l’arcano dei 27 ignudi dissepolti alle pendici del Castello, una luce si è accesa su quello dei cartoni di Gino de Finetti (1877-1955), rinvenuti nella sua casa di Corona e raccontati il 26 maggio sulle pagine de Il Piccolo da Margherita Reguitti.

Si tratta infatti di alcuni affreschi dipinti dal pittore nel primo dopoguerra, dopo l’avvenuto recupero di palazzo Panizzolo in borgo Castello, edificio più noto come Ristorante alla Lanterna d’Oro per la lunga gestione, dal 1970 fino quasi ai giorni nostri di Flavio Zollia (1934-2011). L’edificio originario del XVI secolo venne infatti ricostruito, dopo i danni e le demolizioni che tutto il borgo ebbe a riportare con i bombardamenti per la presa della città nel 1916. Forse al suo recupero non fu estranea la mano di Max Fabiani, che secondo Marco Pozzetto era indaffarato alla sistemazione del Borgo tra il ’37 e il ’38. La casa Panizzolo, vincolata dalla Soprintendenza nel 1951 per l’alto valore storico-artistico, venne acquistata nel 1922 da Giovanni Morassi che probabilmente restaurò l’immobile, per donarlo nel 1936 al figlio Antonio, storico dell’Arte e allora docente a Milano, che l’anno seguente lo cedette all’amministrazione provinciale.

Come fosse prima della disastrosa ristrutturazione avvenuta malgrado il vincolo negli anni Ottanta è visibile in alcune fotografie a corredo della biografia della famiglia Panizzolo, contenuta nell’utilissimo testo di Geromet “Nobiltà della Contea”. Si vedono parzialmente gli affreschi sciaguratamente demoliti durante i lavori assieme agli antichi intonaci sui quali erano dipinti in quella che era la sala da ballo invernale, mentre l’estate prevedeva la rotonda esterna, al lume di candela col palco per l’orchestrina. Si vedono anche le travi del soffitto decorato, sostituito da nuove travi. Sperabilmente conservati invece i pavimenti in lucido seminato veneziano, sul quale d’inverno gli studenti in scapola, al fuoco del grande camino della sala a fianco facevano il gioco di ruotare la bottiglia, per la scusa del bacio.

Gli affreschi dei quali ne sono rimasti due, erano stati rilevati e fotografati prima della demolizione per un eventuale rifacimento che però non avvenne mai, mentre la documentazione stessa andò perduta per il decesso del direttore lavori che la custodiva. Oggi invece, il fortunato ritrovamento degli originali di Corona raccontato da Margherita, potrà consentire una felice restituzione dei dipinti murali. —

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