Alcatel agli americani, dipendenti in rivolta

Lettera della proprietà: passaggio alla Flextronics entro luglio. I leader sindacali di categoria: «Fanno cassa»
Silvano Trieste 14/05/2015 Alcatel - Lucent, Assemblea
Silvano Trieste 14/05/2015 Alcatel - Lucent, Assemblea

La lettera già preannunciata nel corso dell’incontro svoltosi mercoledì al Mise arriva via e-mail sui palmari dei rappresentanti nazionali del sindacato verso le 11 del mattino proprio mentre è in corso l’assemblea pubblica davanti ai cancelli di strada Monte d’oro: lo stabilimento triestino di Alcatel-Lucent viene ceduto alla multinazionale statunitense Flextronics. Già un paio d’ore prima Andrea Raini, rsu della Uilm ne aveva avuta conferma dallo stesso responsabile delle risorse umane. Crescono le urla di disapprovazione. «Vogliono solo fare cassa perché questa è un’azienda che funziona e fa utili», «Ci vendono la casa con tutti i mobili». L’equazione da parte di sindacalisti e lavoratori viene presto fatta: «La Flextronics nel 2000 ha acquisito in Italia la divisione hardware di Italdata e la Siemens dell’Aquila, entrambe sono state dimesse dopo pochi anni. Non bastasse, la Flextronics è già un fornitore per lo stabilimento triestino di semilavorati che vengono prodotti in Romania. «La produzione verrà delocalizzata in paesi low-cost», commentano in tanti. Ulteriore elemento destabilizzante, l’annuncio che uno stabilimento che produce, come quello triestino, apparati per trasmissioni in fibra ottica, sarà impiantato negli Stati Uniti. La lettera parla anche di 304 lavoratori per i quali proseguirà il rapporto di lavoro con il nuovo proprietario, ma oggi i dipendenti a tempo indeterminato sono 318 e a questi si aggiungono ben 400 “somministrati” con contratti tra tre mesi e un anno più volte reiterati e almeno un centinaio dell’indotto: complessivamente oltre 800 persone il cui posto di lavoro traballa. Non rassicura nessuno nemmeno l’annuncio dell’amministratore delegato di Alcalent Lucent Italia, Roberto Loiola che il gruppo francese comunque si impegna a garantire le commesse per i prossimi cinque anni anche se non sarà più proprietario a Trieste.

I rappresentanti nazionali di categoria dei sindacati confederali e cioé Luca Maria Colonna (Uilm), Roberta Turi (Fiom-Cgil) e Giuseppe Ricci (Fim-Cisl) urlano al megafono: «Non condividiamo questa operazione di Alcatel-Lucent che vende per fare cassa. Ci è arrivata adesso la lettera che annuncia l’avvio della procedura di vendita e in base all’articolo 4 vi sono 25 giorni di tempo per arrivare a un accordo con i sindacati che però non è necessario. Se questo non sarà raggiunto comunque la vendita verrà portata a termine entro il primo luglio. Governo e Regione non ci stanno supportando in questa vertenza anzi sono latitanti, vorrebbero farci parlare direttamente con Flextronics, ma noi vogliamo parlare con Nokia (in cui il Gruppo Alcatel-Lucent verrà incorporato, ndr.) perché questo è uno stabilimento che funziona, ma evidentemente siamo senza amici nelle istituzioni, dobbiamo restare compatti, resistere un minuto più del padrone perché abbiamo solo due strade da poter imboccare e tentare di seguire con tutte le nostre forze: contrastare fino all’ultimo questo vendita oppure tentare di avere tutte le garanzie possibili e immaginabili per salvare tutti i posti di lavoro, fino all’ultimo».

All’assemblea sotto il sole caldo vi sono i tanti camici bianchi degli addetti alla produzione, i camici azzurri dei responsabili dei controlli ingegneristici, gli impiegati in semplici t-shirt. Quasi tutti sono triestini, le donne sembrano im maggioranza, ma nello stabilimento lavorano anche alcune coppie nella vita che dunque rischiano il doppio. Per tutta la giornata vi sono stati scioperi a scacchiera, mentre quasi tutti i lavoratori hanno partecipato alle due assemblee: una al mattino e l’altra al pomeriggio. Arrivano camion di fornitori e di corrieri. «No», urlano alcuni, facendo anche il segno con la mano e senza spostarsi dalla corsia d’accesso. Gli autisti attendono qualche secondo, poi fanno dietrofront. Il blocco è pressoché totale.

Rappresentanti di fabbrica e alcuni dipendenti si alternano al megafono: «Scioperare non è la fine del mondo. Decenni fa gli operai resistevano per mesi, non ci dissangueremo: ognuno sciopererà per un’ora al giorno almeno finché non vi sarà un prossimo incontro. Ma il blocco con presidio ai cancelli deve essere permanente, 24 ore su 24 e sette giorni su sette, per cui è indispensabile che agli scioperanti vengano a dare manforte coloro che in quel momento sono liberi dal servizio». Piovono gli applausi a testimoniare, almeno in questa fase, una forte unità di intenti.

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