Albania, Rama verso la vittoria pronto al terzo mandato
TRIESTE Il Partito socialista (Ps) del primo ministro Edi Rama ha vinto le elezioni generali in Albania ottenendo il 49,8% dei voti: i dati sono della Commissione elettorale con poco meno del 60% dei voti scrutinati.
Rama dunque sembra essersi accaparrato ancora il potere, da solo: avrebbe infatti una maggioranza assoluta di parlamentari, con 75 seggi sui 140 totali in Parlamento, uno in più del 2017 quando ottenne il 48,3% dei voti. Dietro il Partito democratico (Pd) dell’ex sindaco di Tirana, il conservatore Lulzim Basha, che guida la coalizione d’opposizione Alleanza per il cambiamento, con il 38,8% dei voti, il che gli assegnerebbe 56 seggi, 10 in più che nel 2017. Al terzo posto, il Movimento socialista per l’integrazione (Lsi), guidato dalla moglie del presidente, Ilir Meta, con il 7,13 dei voti, la metà di quelli ottenuti nelle precedenti elezioni.
Anche sommando i voti del Partito democratico con quelli del Movimento socialista per l’integrazione, l’opposizione arriverebbe a un insufficiente 46%. Il Ps ha vinto nelle principali città del Sud e del centro del Paese, tra cui la capitale Tirana, vittorie che sono state fondamentali per il successo nazionale.
Da parte loro, i Democratici hanno continuato a rivendicare la vittoria: «Invito i nostri elettori a mantenere la calma perchè il partito ha vinto in tutta l’Albania», ha esortato la deputata Jorida Tabaku.
Il presidente Meta, un ex socialista che ha avviato un movimento scissionista e non fa mistero del suo disprezzo per il primo ministro, ha chiesto agli elettori di non «scoraggiarsi» e di attendere i risultati definitivi.
All’indomani del voto l’Albania si risveglia come un Paese diviso in due. Da una parte chi vuole confermare il potere all’autocratico regime di Rama, e chi, e sono soprattutto i giovani, vogliono un’Albania diversa, con meno corruzione, meno crimine organizzato, e da cui non si debba scappare o emigrare per cercare di costruirsi un futuro altrimenti impossibile in patria.
E il premier Edi Rama dovrebbe cercare di fermare questa emorragia di forza lavoro e di cervelli che abbandonano il Paese e magari spendere meno soldi (di per sè già non molti) per costruire cattedrali (leggi aeroporti) nel deserto.
L’Albania deve ora dimostrare di aver compiuto quei passi in avanti chiesti dall’Unione europea per entrar a far parte del gruppo dei 27, attuando quelle riforme in grado di smantellare un sistema fortemente caratterizzato dalla corruzione (nella classifica di Freedom House, l’Albania è al 66esimo posto su 100 come riporta l’Huffpost). È dal 2014 che Tirana ha acquisito lo status di candidato, ma da allora la situazione è ferma, in attesa di risposte concrete albanesi.
Ma l’orizzonte rimane poco chiaro visto quanto dichiarato dagli osservatori dell’Osce. «Tutti i partiti hanno partecipato e gli elettori si sono presentati in numero maggiore a votare», ha dichiarato Urszula Gacek, a capo della missione limitata di osservazione elettorale dell'Odihr. «È deplorevole che persistano irregolarità come l'abuso d'ufficio e casi di acquisto di voti», ha sottolineato.
Secondo la missione di osservazione «nonostante un quadro giuridico ben sviluppato per fermare l'uso improprio delle risorse statali, molti personaggi pubblici hanno continuato a fare campagne durante i loro compiti ufficiali. Questo, insieme al lancio di diversi grandi progetti infrastrutturali governativi nel periodo precedente le elezioni, ha dato al partito al governo un vantaggio considerevole». —
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