Albania, a tre mesi dal terremoto la ricostruzione della speranza
BELGRADO Bisogni che vengono soddisfatti, solidarietà concreta – ma con molte condizioni - auspici che da una tragedia arrivi una spinta per il progresso economico; ma anche timori per possibili problemi di corruzione e mala gestione degli aiuti. Di un mare di soldi.
Sono gli stati d’animo che in questi giorni permeano l’Albania, a ormai tre mesi dal devastante terremoto del 26 novembre 2019. Terremoto, ricordiamo, che ha avuto il suo epicentro a 22 chilometri da Durazzo e a 30 da Tirana, colpendo un’area storicamente ad alta sismicità. L’effetto: 51 morti e almeno 913 feriti, oltre 17 mila gli sfollati, oltre 11 mila abitazioni rase al suolo o da demolire, 83 mila danneggiate e bisognose di riparazioni, si legge sul corposo rapporto sui «bisogni post-disastro» sviluppati dal governo di Tirana col sostegno di Ue, Onu e Banca Mondiale.
Non solo: sono 220 mila gli albanesi colpiti in qualche modo dal sisma, il 10% della popolazione, con un aumento previsto del 2,3% del tasso di povertà. Soffre anche il settore turistico (90 milioni di danni), in forte crescita negli ultimi anni. Ma il comparto, tra edifici danneggiati e distrutti, «ha subito un forte contraccolpo e ci sono tante cancellazioni, c’è scetticismo» su come andrà la stagione estiva, ha ammesso Kliton Gerxhani, vicepresidente dell’Associazione tour operator albanesi (Atoa).
Quanto costerà riparare i danni del terremoto di novembre? Il governo albanese aveva stimato in almeno un miliardo di euro la somma necessaria per la ricostruzione, in particolare di edifici privati (800 milioni di danni), infrastrutture (70 milioni), industrie (52 milioni). Si tratta di «una somma enorme per un paese che ha un Pil di 13,5 miliardi», aveva ammesso il premier Edi Rama, auspicando l’arrivo di almeno 400 milioni di aiuti stranieri dalla conferenza dei donatori di Bruxelles, «altrimenti avremo problemi». «Ma qualcosa di magico è accaduto», ha affermato dopo il vertice, nel quale donatori europei e internazionali hanno promesso 1,15 miliardi di aiuti, di cui il 70% (805 milioni) in prestiti a tassi ribassati decisi da banche internazionali (365 milioni sono dalla Islamic Development Bank) e 216 milioni a fondo perduto dall’Ue, con l’Italia fra i maggiori donatori bilaterali (65 milioni): risorse che faciliteranno la ricostruzione ridando slancio a economia e sviluppo, le speranze di Tirana.
Non è tutto però rose e fiori, mentre proseguono le indagini su illegalità e scarso rispetto delle regole costruttive, su decenni di abusivismo e speculazione edilizie, che avrebbero in molti casi fatto aumentare il numero delle vittime. Come in ogni emergenza – e in ogni processo di ricostruzione – il rischio è infatti quello del fiorire di fenomeni corruttivi. Da qui il “decalogo” deciso dalla conferenza dei donatori, che ha chiesto anche massima «trasparenza»» nell’uso dei fondi e nei programmi di edilizia. Corruzione che «non sarà tollerata» e l’Ue vigilerà, ha assicurato il commissario all’Allargamento, Oliver Varhely. «La cosa importante è che i soldi vengano investiti saggiamente e aiuteremo l’Albania a farlo», ha aggiunto. «Le nostre aspettative riguardano trasparenza e responsabilità», ha rimarcato anche l’ambasciatrice Usa Yuri Kim, dopo un vertice con il presidente Meta e il premier Rama. Usa che potrebbero convogliare parte degli aiuti americani nella creazione di una «accademia della trasparenza», che monitori la ricostruzione, è emerso in questi giorni.
Non fidatevi, ha però suggerito Monika Kryemadhi, leader del Movimento socialista dell’integrazione (Lsi), all’opposizione. È invece necessario «e molto importante contare su un’istituzione indipendente di monitoraggio che sorvegli» ogni fase, ha aggiunto, facendo capire che il governo Rama non sarebbe in grado di gestire i lavori garantendo che tutto si svolga secondo le regole. Ora, la prova dei fatti. —
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