Al via i rilievi per il trasloco degli uffici della Regione nel Porto Vecchio di Trieste
L’operazione entra nel vivo. Coinvolti 600 professionisti. L’architetto Femia: «Progetto di respiro internazionale»
TRIESTE La rinascita di Porto Vecchio un progetto «unico nel Mediterraneo», che può diventare «di riferimento a livello internazionale». Ne è convinto Alfonso Femia, una delle menti chiamate dalle Istituzioni a immaginare la rigenerazione di un pezzo di città che tornerà alla città dopo decenni di abbandono. Calabrese di origine, ligure di adozione, architetto, designer e urbanista stregato dall’acqua e della sua interazione con le città, Femia guida la cordata che si è aggiudicata la progettazione di fattibilità per il restauro e il risanamento conservativo dell’edificio 118, dei magazzini 7 e 10 e dell’hangar 21, dove la Regione vuole trasferire i suoi 1.194 dipendenti: oggi partiranno i rilievi. Per Femia si tratta del secondo incarico nell’operazione Porto Vecchio, dove è già al lavoro sul progetto del parco lineare verde di tre chilometri tra il Molo IV e il terrapieno di Barcola, affidato dal Comune.
Architetto Femia, quali i tempi per la progettazione di fattibilità per i nuovi uffici della Regione?
«Molto stretti: 126 giorni sono pochi. Sarà una sfida, ma siamo partiti con il piede giusto: mettiamo in campo molte professionalità solide e un team di primo livello, l’interlocuzione con la Regione è ottima, il percorso innovativo».
Quando partirete?
«Siamo già al lavoro. Domani (oggi, ndr.) il team avvierà i primi rilievi. Un passaggio fondamentale sarà aprire il dialogo con la Soprintendenza per definire un approccio condiviso sulle modalità per valorizzare il patrimonio esistente».
Quanti professionisti saranno coinvolti?
«Come studi contiamo complessivamente su seicento, settecento persone. Saranno presenti tutte le competenze per quanto riguarda la componente progettuale, strutturale, impiantistica, energetica, della direzione lavori nella fase successiva. Uno degli aspetti che ci ha spinti a partecipare a questa gara molto impegnativa è il processo scelto dalla Regione: il team che realizza il progetto avrà anche la direzione lavori nella fase esecutiva, affidata ad altre imprese. Quindi noi avremo un ruolo di verifica e di responsabilità fino alla fine. Ciò è positivo, perché garantisce un allineamento tra il progetto iniziale e la sua esecuzione. L’auspicio è che questa esperienza si riveli pilota anche nel processo».
Qual è il suo valore?
«La scelta della Regione di insediarsi in Porto Vecchio, affiancandosi ad altri servizi pubblici, è importante perché dà impulso alla rinascita e allo sviluppo dell’area. I quattro edifici che ospiteranno gli uffici sono in una posizione centrale, non solo vicina alla città e alla stazione ferroviaria, ma anche al parco lineare, che passerà dietro e a fianco, sul quale siamo al lavoro, per cui potremo confrontarci su entrambi i progetti e gli aspetti che li legano».
Come verranno restaurati i quattro edifici?
«Il nostro obiettivo, come è stato anche a Marsiglia per la ristrutturazione dei Docks o a Roma per l’intervento al Palazzo della prima Zecca dello Stato, è mettere a valore il patrimonio esistente attraverso le sue caratteristiche principali. È ridare la dimensione del tempo a questi edifici e rivelarli con i loro elementi più caratteristici, capendo come introdurre la funzione contemporanea e inserire quanto necessario per questioni di sicurezza, accessibilità e risparmio energetico. Abbiamo immaginato, in accordo con la Regione, che tutti i piani terra siano spazi collettivi, di incontro, relazione, aperti verso l’esterno. Ci sono tutte le condizioni affinché questo diventi un progetto di riferimento internazionale».
Quali sono le condizioni?
«Non c’è un’area così estesa e complessa in ambito portuale e urbano in tutta l’Europa mediterranea. L’ambizione quindi è presentare un progetto che sia innovativo da tutti i punti di vista e in cui il mare giochi un ruolo da protagonista. Il mare: elemento di cui ci siamo dimenticati tutti, progettisti, politica, società».
In che modo svilupperete questo aspetto?
«Da molti anni per noi l’acqua è la vera materia di progetto. Da Marsiglia a Ravenna, da Marghera a La Spezia, da Livorno a Reggio Calabria, ci siamo concentrati su quelle zone di limite e di confine tra città, acqua e porto, dove si gioca la vera scommessa dello sviluppo. L’acqua e il nostro rapporto con essa è e sarà un tema centrale in Porto Vecchio».
Rapporto vitale, ma anche potenzialmente pericoloso, come abbiamo visto con le mareggiate e gli allagamenti. Come lo gestirete?
«Tutto va pensato prima e serve visione e strategia. Il rapporto delle città con l’acqua non può essere risolto episodicamente e con modalità esclusivamente difensive. In Porto Vecchio gli spazi vanno progettati nella consapevolezza che l’acqua prima o poi arriverà e ci si dovrà convivere senza arroganza e senza che ciò impatti negativamente. La progettazione serve anche a questo. Vale per il parco lineare e per gli edifici che ospiteranno gli uffici della Regione, che tra l’altro erano stati intelligentemente pensati con un piano rialzato, perché i magazzini servivano per lo stoccaggio».
Il suo rapporto con Trieste?
«La conosco e la amo sin da quando ero ragazzo. È sempre stata per me un luogo di riferimento culturale, di immaginario; avere l’opportunità di lavorarci mi rende felice. Trieste è una città eroica, con una storia notevole, una presenza fisica straordinaria, un rapporto importante con l’orizzonte, con mille linee di confine. La città sta vivendo un momento di grande dinamismo che credo le darà il ruolo che le spetta, fondamentale per l’Italia. E molto, del futuro di Trieste, passa per Porto Vecchio».
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