Al Punto nascita del San Polo arriva il parto indolore senza l’anestesia

Rispetto all’epidurale usato il protossido di azoto miscelato a ossigeno che è somministrato tramite una mascherina
Bonaventura Monfalcone-09.10.2019 Nuova attrezzature-Punto nascita-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-09.10.2019 Nuova attrezzature-Punto nascita-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Il Punto nascita all’ospedale di San Polo è pronto ad introdurre un nuovo metodo di analgesia per inalazione da mettere a disposizione delle donne che affrontano il travaglio e il parto. Si tratta di un’ulteriore offerta che si affianca a quelle del parto in acqua e dell’analgesia epidurale, consolidate e praticate ormai da diversi anni nel Servizio unico di Monfalcone-Gorizia.

Il nuovo metodo si avvale dell’utilizzo del protossido di azoto, miscelato a ossigeno, che permette alle partorienti di rilassarsi e di ridurre la percezione del dolore. Il farmaco infatti diminuisce l’eccitabilità delle cellule nervose, evidentemente sotto “stress” durante un’esperienza unica, gioiosa, ma altrettanto unica sotto il profilo del dolore, considerato uno dei più intensi che una donna proverà nella sua vita. La nuova pratica ha ricevuto il placet dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana Isontina attraverso la firma del Protocollo in ordine all’utilizzo del protossido di azoto in sala parto, proposto dal direttore della Struttura complessa di Ostetricia e Ginecologia Gorizia-Monfalcone, Pierino Boschian-Bailo. Il dirigente medico osserva: «Inizieremo ad utilizzare il nuovo metodo a breve. Vogliamo infatti ampliare la nostra offerta di analgesia, a servizio delle donne che scelgono di partorire nella nostra struttura».

Anche il gruppo delle ostetriche, coordinato dalla Responsabile, Roberta Giornelli, ha accolto e partecipato con molto entusiasmo all’introduzione di questa nuova metodologia analgesica farmacologica, in quanto come affermano «va ad ampliare l’offerta per supportare le nostre donne soprattutto nelle fasi in cui l’impiego dell’acqua o della epidurale non sono ancora possibili».

La pratica è applicabile a tutte le donne sane e, rispetto agli altri metodi di parto analgesia, non richiede accertamenti medico-sanitari preventivi, né colloqui preliminari, essendo una tecnica non invasiva. Quindi un metodo che non preclude alcuna partoriente, anche senza distinguo di età, poiché la sola discriminante è rappresentata dallo stato di salute della paziente. Questa metodologia viene utilizzata anche nell’analgesia pediatrica e negli interventi odontoiatrici.

È una tecnica facile e reversibile, caratterizzata dalla rapidità tanto dell’effetto analgesico quanto del relativo esaurimento, interrompendo l’inalazione. Il tutto a fronte dell’utilizzo discrezionale da parte della donna, trattandosi di un’autosomministrazione mediante un semplice dispositivo, opportunamente seguita, come in tutti i parti, dal supporto costante e personale da parte dell’ostetrica che la segue nell’intero percorso, dal travaglio fino alla nascita del suo bambino. Il Servizio ha già acquisito la relativa attrezzatura. Sono bombole dotate di una valvola a domanda, che si apre per rilasciare il gas medicinale contenuto nel momento in cui la paziente inspira attraverso una maschera facciale. La portata del flusso del gas è peraltro adattata alla capacità e al ritmo respiratorio della paziente. L’effetto analgesico compare in circa 50 secondi e l’impiego deve essere intermittente all’inizio della contrazione. A seguire l’intera procedura che ha portato all’introduzione del nuovo metodo, assieme al direttore Pierino Boschian-Bailo, è stata la dottoressa Vesna Cescutti, dirigente medico presso l’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia di Monfalcone-Gorizia. «Questo metodo di analgesia – spiega Cescutti – viene molto utilizzato nei Paesi anglosassoni, ma anche nel resto dell’Europa, come in Danimarca o in Olanda. È stato adottato nelle strutture sanitarie italiane, comprese quelle nella nostra regione. A Treviso, presso le sale parto dell’ospedale Ca’ Foncello, il protossido di azoto viene correntemente utilizzato dal 2014».

Le Linee guida inglesi raccomandano ai professionisti di assicurare che il loro intervento sia sempre a supporto delle scelte delle donne. Concetti contenuti anche nelle nuove raccomandazioni Oms del 2018.

Cescutti prosegue: «Il vantaggio principale è che non sono necessari accertamenti preliminari, colloqui o visite. È facilmente applicabile, la possono utilizzare tutte le mamme, ed è un’alternativa utile alle donne che per motivi di salute propria o del bambino, non possono accedere al parto in acqua o all’analgesia epidurale».

La dirigente quindi spiega: «La miscela di potassio di azoto e ossigeno, alle dosi previste, durante il travaglio provoca una blanda analgesia e quindi una ridotta percezione del dolore. Può essere applicata sia nella fase dilatante che espulsiva, poiché non ha alcun effetto nocivo sulla donna, né sul suo bambino perché è immediatamente reversibile, attraverso la semplice sospensione dell’utilizzo. Si tratta infatti solo di respirare dalla particolare mascherina collegata alla bombola di gas medicinale. È la donna pertanto che gestisce l’utilizzo, con l’ostetrica o il ginecologo a guidarla. Questo dispositivo può inoltre continuare ad essere utilizzato dalla paziente nel caso sia sottoposta a suture post-parto». —


 

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