Agli imprenditori Rocelli e Tassi il sito Italcementi in via Caboto
TRIESTE. Erano più o meno le 12.30 dello scorso venerdì 28 quando nello studio del notaio Massimo Paparo in via San Nicolò veniva redatto e firmato un rogito, che non è retorica definire storico: la società Revivo srl, partecipata paritariamente dalla Gio2 di Giovanni Rocelli e dalla Logica di Roberto Tassi, acquistava i due terzi della proprietà Italcementi in via Caboto, per un totale di 104.000 metri quadrati. Fuori sacco resta la “zona cava”, che misura circa 50.000 metri quadrati.
L’operazione di acquisto e l’effettuazione dei primi interventi, a cominciare dalla demolizione di quasi 40.000 metri quadrati di fabbricati, richiedono un investimento di circa 10 milioni di euro, investimento che ha la Banca di Cividale come partner finanziario. La nuova proprietà non toccherà, fino al termine della locazione nell’aprile 2022, la parte che Italcementi aveva affittato alla carinziana Wietersdorfer e che gli austriaci avevano “girato” alla controllata slovena Anhovo.
L’acquisizione dell’Italcementi - uno stabilimento sorto nell’estate 1954 quando il gruppo bergamasco Pesenti puntò su Trieste ancora sotto il Governo militare alleato - era stata annunciata in febbraio, poi questioni tecnico-giuridiche, legate al frazionamento del vasto immobile, avevano ritardato l’ufficialità del passaggio proprietario. In realtà pareva allora che co-équipier di Rocelli fosse il conterraneo Francesco Fracasso, l’esperto in “rigenerazioni urbane” cimentatosi a Trieste in corso Saba, all’ex Dino Conti, all’ex Maddalena. L’alleanza con Fracasso è invece confermata riguardo all’acquisto dell’ex Manifattura Tabacchi da Cassa depositi e prestiti, acquisto ritenuto imminente.
Rocelli, l’imprenditore portuale veneziano che ha iniziato nel 2017 a muoversi in terra giuliana, aggiunge un altro importante tassello alla sua strategia, che negli ex asset Italcementi ha il perno di manovra: infatti nel 2018 aveva comprato con la start-up Re-Oil i quasi 50.000 metri quadrati del cementificio affacciati sul Canale navigabile, dove l’azienda bergamasca aveva in concessione il piccolo terminal in passato frequentato scalo per carico/scarico di materiali diretti/provenienti dallo stabilimento di via Caboto. Rocelli, allora socio dell’industriale veneto-pordenonese Angelo Boatto, era intenzionato a creare sul Canale un impianto di trattamento dedicato alle acque di sentina e di zavorra, iniziativa non molto dissimile a quella che adesso sta impostando Crismani.
Il filo di Rocelli tesse un ordito coerente, perchè - spiegava il quasi 50enne imprenditore sorseggiando un’acqua naturale sulle Rive - i suoi progetti triestini vertono su un’ottica economica “green”, basata sulla circolarità e sulla logistica. I 104.000 mq di via Caboto sono disponibili - ha ribadito Rocelli - per collaborazioni con altre aziende, dal parking camionistico (l’ex cementificio è attiguo alla Grande viabilità) alla produzione di nuovi propellenti ottenuti da materiali organici a fine vita. Gli spunti innovativi sono condivisi con la ricerca universitaria. All’interno dell’ex Italcementi verranno inoltre ripristinati i binari per sottolinearne la fresca vocazione logistica.
Rocelli, figlio di un parlamentare democristiano, dopo un breve periodo alle Autostrade Serenissima, iniziò a lavorare nel porto di Venezia, in particolare nel comparto multiservice. Gli piace ricordare che nel 2015 ottenne il record della movimentazione al terminal con 2,6 milioni di tonnellate. —
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