Agenti uccisi in Questura a Trieste, una nuova perizia valuterà la pericolosità di Meran

Dovrà effettuarla entro 60 giorni lo psichiatra Francesco Piani di Udine

Gianpaolo Sarti
Fiori in memoria dei due agenti uccisi (Bruni)
Fiori in memoria dei due agenti uccisi (Bruni)

TRIESTE Il secondo round del processo Meran si sta per aprire. La Corte di assise di appello ha incaricato un nuovo psichiatra di preparare una perizia – l’ennesima in questo delicato procedimento penale – che dovrà stabilire il livello di pericolosità sociale di Alejandro Augusto Stephan Meran, il giovane di origine dominicana che nell’ottobre del 2019 aveva ucciso in Questura i due agenti di polizia Matteo Demenego e Pierluigi Rotta. Per l’accertamento è stato nominato il dottor Francesco Piani, psichiatra e medico legale di Udine, già responsabile del Dipartimento delle dipendenze nell’Ass n. 4 “Medio Friuli”.

La decisione è stata presa dalla Corte di assise di appello di Trieste, riunita in udienza. I giudici hanno assegnato al professionista sessanta giorni di tempo per depositare la relazione. Era stata la Procura generale a impugnare la sentenza di assoluzione di primo grado, pronunciata in Corte di assise lo scorso maggio: i giudici avevano ritenuto Meran «un folle non imputabile e quindi non punibile».

Perché, si leggeva nelle motivazioni della sentenza, «gli assurdi, tragici e apparentemente inspiegabili eventi verificatisi il giorno 4 ottobre 2019 trovano spiegazione nelle condizioni psichiatriche del Meran, condizioni che erano al momento del fatto talmente gravi e pervasive da escluderne in toto l’imputabilità».

Conclusioni evidentemente non condivise dalla Procura generale che, nel documento sottoscritto dal procuratore generale presso la Corte di appello Carlo Maria Zampi, aveva definito «erronea» l’assoluzione in primo grado, chiedendo quindi di disporre «una nuova perizia collegiale per accertare lo stato di mente dell’imputato al momento del fatto e, all’esito, dichiararlo colpevole e condannarlo». Il legale che difende Meran, Paolo Bevilacqua, nei giorni scorsi ha fatto notare che lo straniero «dovrebbe essere in una Rems per cure terapeutiche, invece è in carcere da tre anni. Avrebbe potuto curarsi ma gli è stato impedito».

L’avvocato ha quindi annunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) nei confronti dello Stato italiano per denunciare «la palese inadempienza di principi non solo costituzionalmente garantiti ma anche ribaditi dalla Cedu. Il carcere è la struttura meno idonea per il recupero di Meran». —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo