Agenti uccisi a Trieste, rinviata al 29 marzo l'udienza sulla perizia psichiatrica su Meran: "Condizioni di salute da verificare". La madre fuori dall'aula: "Quel giorno sono morta anch'io"

E' stata sospesa e rinviata l'udienza sul cittadino dominicano ritenuto responsabile della morte dei due agenti, Matteo Demenego e Pierluigi Rotta nella sparatoria avvenuta in Questura a Trieste. Le parole della madre: "Non mi stancherò mai di chiedere perdono per quello che ha fatto"

TRIESTE. È stata sospesa e rinviata al 29 marzo l’udienza per l’incidente probatorio sulla perizia psichiatrica su Alejandro Augusto Stephan Meran, perché i periti incaricati dal giudice Massimo Tomassini hanno ritenuto che potesse essere in dubbio la capacità di presenziare e sostenere l’udienza dell’imputato, che ha terminato solo una settimana fa un trattamento sanitario obbligatorio.

È quanto emerso la mattina del primo marzo nell’aula della Corte di Assise del Tribunale di Trieste, dove ha avuto luogo l’udienza presieduta dal gip Tomassini sugli esiti della perizia che stabilirà se Meran era in grado di intendere e di volere quando, il 4 ottobre 2019, sparò all’interno della Questura di Trieste, uccidendo i due agenti di polizia Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, e rischiando di togliere la vita ad altri sette loro colleghi.

L’udienza, alla quale Meran non ha preso parte, né fisicamente né in collegamento video dal carcere di Verona dov’è tuttora detenuto, aveva come obiettivo proprio questo: stabilire se il cittadino dominicano accusato del duplice omicidio sia imputabile e possa andare a processo.

Lunedì primo marzo verso le 9 l’arrivo del gip, del collegio peritale da lui nominato, dei legali delle famiglie degli agenti uccisi e dei difensori di Meran, seguiti dagli obiettivi di macchine fotografiche e telecamere, per quella che è una delle più delicate vicende giudiziarie degli ultimi anni a Trieste; un caso di cronaca nera che ha fortemente scosso l’opinione pubblica a livello locale e nazionale, e sul quale rimane alta l’attenzione mediatica.

Poco dopo le 9.30, l’inizio della seduta, a porte chiuse, che è stata sospesa intorno alle 11, con la decisione di rinviare a fine mese. Dalla perizia psichiatrica, affidata a un collegio di quattro esperti, si evince che al momento della sparatoria Meran era capace di intendere e di volere, anche se tale capacità era fortemente ridotta a causa di un disturbo da stress post-traumatico da ricondurre a un grave episodio di abuso risalente all’infanzia.

Per lui, quindi, si configura l’articolo 89 del codice penale: nel momento in cui commetteva il fatto la sua capacità di intendere e di volere era, per infermità, da ritenersi significativamente ridotta. Tale perizia doveva essere discussa nel contraddittorio delle parti ieri in aula d’Assise, ma, come detto, l’udienza è stata sospesa. Meran aveva da pochi giorni terminato un tso. In un primo momento l’indagato aveva dichiarato di voler partecipare, poi aveva cambiato idea, rinunciando a comparire.

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Forze dell’ordine accorse davanti alla Questura subito dopo la sparatoria costata la vita agli agenti Demenego e Rotta. In alto nel riquadro Alejandro Augusto Meran

I periti hanno ritenuto che vi fosse un dubbio sulla sua capacità di sostenere l’udienza, che quindi è stata sospesa e rinviata al 29 marzo, termine considerato ragionevole dagli esperti per una nuova verifica sulle sue condizioni di salute e sulla sua capacità di proseguire. Paolo Bevilacqua, difensore dell’indagato assieme alla figlia Alice, ha spiegato che «è stato deciso di sospendere il tutto per verificare le condizioni di salute di Meran. Noi abbiamo dubitato che questa rinuncia (a comparire) fosse espressione libera. Il collegio peritale già si era espresso su queste sue oscillazioni di coscienza».

Cristina Birolla, legale della famiglia Rotta, poco dopo essere uscita dall’aula ha contattato i suoi assistiti: «Ovviamente il rinvio non è per loro una buona notizia – ha spiegato – perché l’auspicio era che si entrasse nel merito della perizia, che vede Meran capace di intendere e di volere, seppure in modo ridotto, e che si andasse al rinvio a giudizio. I tempi si stanno allungando e il nostro timore è che si passi da rinvio a rinvio, in quella che secondo il nostro consulente può ritenersi una strategia processuale».

 

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