Agenti uccisi a Trieste, Meran torna a processo: «È ancora pericoloso, nessun segno di pentimento»

Lo afferma l’ultima perizia eseguita dallo psichiatra Piani e recepita dalla Corte. «Si crede innocente e vuole tornare a casa. Va mantenuta la misura detentiva» 
Piero Tallandini
Un fotogramma che mostra Meran, pistola in pugno, nella Questura di Trieste
Un fotogramma che mostra Meran, pistola in pugno, nella Questura di Trieste

TRIESTE Mentre si avvicina il giorno dell’udienza in Cassazione che il 27 febbraio potrebbe riaprire o chiudere definitivamente il caso giudiziario, la Corte d’Assise d’Appello conferma la pericolosità sociale di Alejandro Augusto Stephan Meran, il 33enne di origine dominicana che ha ucciso gli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego in Questura il 4 ottobre 2019.

L’IMPUGNAZIONE
Meran assolto, ricorso in Cassazione

L’udienza

È l’esito dell’udienza che si è tenuta venerdì: la Corte presieduta dal giudice Paolo Alessio Vernì (a latere Paola Santangelo) ha recepito la perizia dello psichiatra Francesco Piani, incaricato di esaminare Meran, per il quale la diagnosi resta quella di psicosi schizofrenica. Il responso finale dello specialista, alla luce del nuovo esame, porta «oltre ogni ragionevole dubbio a un giudizio di pericolosità sociale attuale». Risulta quindi «di tutta evidenza la necessità di mantenere una misura di sicurezza detentiva in grado di assicurare il prosieguo del programma di cura e riabilitazione e, nello stesso tempo, di garantire concreti standard di sicurezza per il personale e gli altri ospiti».

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Rems a La Spezia

Meran è e resterà dunque rinchiuso nella Rems di Calice al Cornoviglio in provincia di La Spezia dove si trova dallo scorso maggio. Assolto in primo e in secondo grado per infermità mentale, essendone stata riconosciuta la non imputabilità, per il 33enne dominicano è stata disposta la misura di sicurezza detentiva del ricovero, per un minimo di trent’anni, in Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza).

agenti uccisi in questura
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In aula era presente anche Paolo Bevilacqua, avvocato difensore di Meran: «Nutriamo un cauto ottimismo sul suo percorso terapeutico finalmente intrapreso nella struttura sanitaria – ha dichiarato il legale –. Percorso che pare abbia fin qui iniziato a sortire effetti positivi».

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La perizia

Nell’esaminare Meran il perito ha riscontrato che in lui «la consapevolezza della malattia è assente, ritiene di stare bene e di non aver bisogno di cure farmacologiche che comunque assume». «È assai scarsa – si afferma nella perizia – la consapevolezza dei reati commessi e della loro estrema gravità» cosa che «lo porta a ritenersi di fatto innocente» e a chiedere ripetutamente e con insistenza di tornare nella sua casa di Trieste.

Il miglioramento nella Rems

Le condizioni cliniche sono in effetti «notevolmente migliorate dopo l’inserimento nella Rems che ha permesso di avviare trattamenti farmacologici e psicosociali adeguati e continuativi». Tuttavia, si osserva comunque «la mancanza di un qualsiasi segnale di ravvedimento o di pentimento per quanto commesso». Anche per questo resta socialmente pericoloso e deve essere mantenuta la misura di sicurezza detentiva.

La Cassazione

Intanto, come detto, il 27 febbraio è fissata l’udienza a Roma davanti ai giudici della Cassazione. Se la Suprema Corte riterrà ammissibile il ricorso della Procura generale triestina casserà la sentenza di assoluzione e il processo di fatto verrà riaperto. Se dovesse rigettarlo la sentenza diventerà irrevocabile. A firmare il ricorso è stato il procuratore generale Carlo Maria Zampi. La sentenza di assoluzione è ritenuta carente dal punto di vista delle motivazioni, viziata anzitutto dalla scelta dei giudici di primo e secondo grado di fare propria una perizia psichiatrica non convincente.

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