Agenti uccisi a Trieste, il questore Petronzi ricorda i giorni della tragedia: «L’affetto dei triestini lasciò aperto il famedio»
Giuseppe Petronzi, oggi prefetto di Trento, era il questore di Trieste quando Matteo Demenego e Pierluigi Rotta vennero uccisi. Con chi aveva confidenza, non aveva nascosto di aver pianto quella sera, dal dolore. Al funerale aveva letto una riflessione, scritta di getto su un foglietto, che conserva ancora. Da allora, di quella tragedia non se l’era più sentita di parlare. A pochi giorni dal quinto anniversario, ha consegnato a Il Piccolo queste parole.
«Ogni riflessione relativa a quei fatti non può prescindere dall’estremo rispetto verso le famiglie di Pierluigi e Matteo, a cui va tutto il mio affetto. Ho cercato di stare loro vicino sin dai primi tragici momenti. Famiglie eccezionali di due bravissimi poliziotti e ragazzi d’oro. È entrato nel vissuto triestino di quei giorni l’ormai noto video dei “figli delle stelle”, che non poteva meglio descrivere il loro autentico entusiasmo e dedizione al lavoro. Ero in ufficio nel momento della tragedia. Una ferita profonda, indelebile, da vivere per sempre in assoluta intimità. Provai a farmi carico della situazione unitamente a tutti i poliziotti triestini, restando profondamente colpito dal coinvolgimento di Trieste. Non potrò mai dimenticare che quasi non riuscivo a raggiungere il vicino ufficio, dopo la celebrazione di una messa nella Chiesa della Beata Vergine del Rosario, vicino alla Questura. Affacciandomi poi dal terrazzo del mio studio, notai che la Questura era letteralmente “circondata” da una folla di triestini che chiedevano che la Questura rimanesse sempre aperta. Tutte le istituzioni sono state presenti. E così fu fino alle esequie, con migliaia di triestini e non solo che sommersero di fiori, disegni e pensieri il famedio della Questura e le scale esterne. L’intensità del dolore del giorno delle esequie credo rimarrà inscalfibile nel cuore e nella memoria dei triestini, che strinsero in un affettuoso abbraccio le famiglie a cui va il mio più profondo rispetto».—
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