Afghanistan, i militari si ritirano: avanza l’oppio
La presenza militare internazionale in Afghanistan si assottiglia ogni mese di più e, parallelamente, in barba ai comunicati ufficiali della missione a guida Nato, l'Isaf (International Security Assistance Force) e dei suoi contingenti nazionali il potere dei talebani si rafforza. Così come quello della galassia dei "signori della guerra" e "signori della droga", che spesso coincidono. Entrambe le circostanze accadono anche nel Settore Ovest della missione, a comando italiano. In questi giorni hanno lasciato il Paese, consegnando all'esercito afgano le basi avanzate di Farah e Bala Balouk, circa 400 bersaglieri del 6.o Reggimento di Trapani. I "fanti piumati" non saranno rimpiazzati, come previsto dal ridimensionamento e dalla riconfigurazione dell'impegno internazionale e tricolore nella nazione asiatica: da "combat" e supporto operativo sul terreno a sostegno alla pianificazione, intelligence e addestramento.
Fonti indipendenti hanno sempre segnalato, in altre occasioni, la quasi contemporanea avanzata dei guerriglieri, che giungono a volte ad occupare le stesse posizioni lasciate anche solo un paio di giorni prima dagli occidentali: aspetto frustrante che se non mette in dubbio la bontà d'impegni e sacrifici di molti anni ne mina la strategia e la tattica a cui sono stati improntati.
All'avanzata militare dei talebani si affianca, di pari passo, quella delle coltivazioni del papavero da oppio e la regione di Herat, sede del quartier generale italiano, non è da meno: in Afghanistan le aree d'elezione per la produzione di droga sono, infatti, l'Ovest e il Sud.
E riguardo all'oppio sono le Nazioni Unite a lanciare l'allarme. Dopo un periodo promettente nella lotta al narcotraffico, il Paese ha compiuto nel 2013 un clamoroso balzo indietro. La produzione di 5.500 tonnellate è del 50% in più rispetto al 2012. Il Rapporto Onu è stato presentato a Kabul dal direttore dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc), Yuri Fedotov. Le cifre, per lui, "sollecitano una profonda riflessione". Oltre all'aumento della produzione, infatti, l'area consacrata alle coltivazioni del papavero è cresciuta da 154mila ettari a 209mila ettari (+36%). Due province (Balkh e Faryab) hanno perso lo status di province "libere dal papavero" riducendo a 15 (su 34) quelle che ancora lo sono.
Il Rapporto conferma quanto osservato già dal 2007: il 90% della produzione è concentrata in nove province del Sud e dell'Ovest. La sola Helmand, che dal 2004 è la prima provincia per produzione e responsabile per circa metà delle coltivazioni, ha visto queste ultime espandersi del 34%, più della vicina Kandahar (+16%). Nonostante una diminuzione rispetto al 2012, il prezzo del chilogrammo di oppio è stato quest'anno attorno ai 145 dollari. Insieme alle minacce dei "signori della guerra", costituisce un fattore di attrazione irresistibile per gli agricoltori. La redditività delle coltivazioni alternative proposte dal governo è di gran lunga più bassa. Il valore dell'oppio all'uscita dai luoghi di produzione, stimato a circa 950 milioni di dollari (4% del Pil afgano), è aumentato negli ultimi 12 mesi di circa un terzo. E anche i profitti dei narcotrafficanti sono in forte crescita.
Il russo Fedotov ha anche ricordato che "mentre ci avviciniamo a grandi passi al 2014 e al ritiro delle truppe straniere dall'Afghanistan, i risultati del Rapporto dovrebbero essere presi in considerazione per quello che sono: un avvertimento e una richiesta urgente di azioni concrete".
Indiretta la replica dal Ministero afgano della lotta al narcotraffico: cerca di dimostrare che, nonostante tutto, "il numero di agenti della polizia antinarcotici è triplicato negli ultimi anni, consentendo il sequestro di circa il 10% della produzione di stupefacenti". Nella trattativa in corso a Kabul sul futuro Accordo bilaterale di sicurezza (Bsa) con gli Usa, che entrerà in vigore alla fine del 2014 dopo il ripiegamento finale delle truppe da combattimento Nato dall'Afghanistan, vi è anche un capitolo sulla repressione del narcotraffico nelle regioni sud-occidentali. E' quasi certo che l'esito pratico sarà poco influente, qualsiasi sia l'intesa ufficiale.
Scettico, anzi molto critico sui passi della comunità internazionale in tale senso, è l'eurodeputato Pino Arlacchi, dal 1997 al 2002 predecessore di Fedotov all'Onu a Vienna e recente Special Rapporteur per l'Assemblea Ue sulle questioni della droga.
"E' vergognoso pensare a quanto la comunità internazionale abbia investito nella lotta alla droga in Afghanistan senza ottenere risultati concreti, anzi sprecando fiumi di denaro" attacca l'eurodeputato di area Pd. "Agli inizi degli Anni 2000 - spiega - come direttore esecutivo dell'Unodc dopo consultazioni tra le parti, ricognizioni, studi proposi un piano di eradicazione dell'oppio che sarebbe costato 25 milioni di dollari. Non se ne fece nulla , anche perché gli Stati Uniti nell'ottobre 2001 sottoscrissero un patto scellerato con i "signori della guerra" in cambio di supporto contro i talebani".
Ora di dollari ne servirebbero 500 milioni in 5 anni, almeno secondo il nuovo piano concepito da Arlacchi per conto dell'Ue. E' questo il costo per eliminare le coltivazioni di papavero da oppio dal Paese a un ritmo del 20% annuo, proponendo serie colture alternative con appoggio all'esportazione, come zafferano e melograno, stabilendo seri controlli, un sistema di sanzioni e un monitoraggio. Tutte attività, secondo la "filosofia Arlacchi", da fare gestire a un'agenzia antidroga mista, afgana e internazionale, da creare. "Ma seppure l'Europarlamento ha più volte approvato il mio piano - conclude amaro l'ex direttore Onu - questo, una volta giunto al vaglio della Commissione europea, il "governo" dell'Ue, si è sempre arenato".
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