Affitti falsi per ricongiungere i familiari
MONFALCONE Volevano affittare un appartamento in città, proprietà di una monfalconese, ai fini del ricongiungimento familiare. Ma i due bengalesi avevano altro in mente. Far comparire quella residenza fantasma per non denunciare l’alloggio sovraffollato. Non solo. Avevano addirittura fornito agli uffici preposti i dati della proprietaria dell’appartamento, mai comunque preso in affitto, senza che la donna ne sapesse nulla. Scoperti dalla Municipale, è stato loro revocato il ricongiungimento. Le richieste per l’immobile preso di mira erano finite agli enti sotto forma di due atti distinti. Il primo in virtù dell’utilizzo in comodato gratuito. Il secondo di una domanda di affitto, chiamando in causa la dovuta denuncia trattandosi di un contratto oneroso, passibile di tassazione a carico del proprietario.
A “cogliere in contraddizione” i due asiatici è stata proprio la richiesta di affitto. Tanto che all’Agenzia delle Entrate e all’Anagrafe sono approdati atti rivelatisi sospetti. Atti così accurati da indurre lo stesso personale degli enti preposti a non avvedersi delle pur minime discrepanze. Come i timbri apposti dell’Agenzia delle Entrate, diversi da quelli ufficiali. E la certificazione di assenso da parte della proprietaria dell’immobile contenente i suoi dati anagrafici, con tanto di fotocopia allegata della carta d’identità della monfalconese. Tutto, dunque, all’insaputa della monfalconese. Come a dire: i bengalesi volevano di fatto “affittare” l’appartamento solo sulla carta. Il motivo? Bypassare l’ostacolo di dover denunciare l’alloggio realmente a disposizione e regolarmente affittato, ma sovraffollato, non conforme pertanto ai parametri numerici consentiti di abitabilità. Certo, il ricongiungimento familiare è più che legittimo e consueto in città. I due begnalesi volevano effettivamente far arrivare dal Bangladesh i loro congiunti, le mogli e i rispettivi tre e due figli. La richiesta di ricongiungimento inoltrata in Prefettura era regolare.
Ma i due bengalesi non hanno fatto i conti con la Polizia municipale. Perché c’è voluto proprio il controllo degli agenti a mettere in crisi quell’iter burocratico.
Gli agenti della Municipale si sono presentati davanti al dichiarato appartamento affittato per verificare l’effettiva abitabilità, accertando la presenza degli affittuari. Ma degli inquilini non c’era traccia. Alloggio deserto. Hanno chiesto informazioni ai vicini. Mai visti, si sono sentiti rispondere. E quando la Municipale s’è rivolta alla padrona dell’appartamento in questione, è caduta dalle nuvole: mai affittato ad alcunchè l’alloggio.
La Polizia locale s’è messa al lavoro scartabellando la documentazione presentata agli uffici. Una verifica parallela tra Agenzia delle Entrate e Anagrafe.
Da qui sono saltate fuori le incongruenze, le due distinte richieste, quella del comodato d’uso gratuito e quella dell’affitto per lo stesso immobile.
Il comandante della Polizia municipale, Walter Milocchi, ha confermato il fatto e la relativa segnalazione all’autorità giudiziaria. «Gli atti che abbiamo sottoposto agli accertamenti - ha spiegato - sono in effetti risultati anomali. Già le pratiche consegnate all’Anagrafe avevano sospette distonie. E a guardare bene, i timbri dall’Agenzia delle Entrate sul contratto di affitto erano diversi».
Eppure il contratto d’affitto era realistico in sè. Salvo poi scoprire che era stato “riciclato” un vecchio atto. Insomma conti che non tornano. Non fosse stato per il provvidenziale controllo della Municipale l’«inghippo» sarebbe emerso probabilmente solo al momento di pagare le tasse per l’affitto. Un “colpo” per l’inconsapevole proprietaria, anche se sicuramente la verità sarebbe comunque venuta allo scoperto, ma dopo ulteriori verifiche e complicazioni. Milocchi ha continuato: «Abbiamo prima rintracciato la figlia della proprietaria dell’appartamento, che ha assolutamente escluso l’affitto dell’immobile, come pure contatti con chicchessia circa l’interesse dell’alloggio. Tutto confermato poi anche dalla madre». Il comandante ha spiegato: «I nostri controlli sono obbligatori quando si tratta di cambi di residenza da un comune all’altro. Tuttavia, essendo molto numerosi i cambi di residenza in città, eseguiamo comunque le verifiche». Milocchi ha voluto assicurare: «Non è possibile che si verifichino occupazioni abusive di fronte a queste circostanze, non solo perché riceviamo segnalazioni dagli stessi cittadini, ma anche perché l’occupazione diventerebbe evidente con l’utilizzo delle utenze domestiche».
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