Affitti comunali “ridicoli” nel cuore di Trieste

Il caso del tabacchino che paga 382 euro in piazza Unità. L’amministrazione: alzeremo i prezzi
I fori commerciali di piazza Unità
I fori commerciali di piazza Unità

Dal tabacchino che paga meno di quattrocento euro al mese alla farmacia che versa meno di un quinto del vicino caffè: gli affitti a costi stracciati nel “salotto buono” di Trieste e in alcune delle vie cittadine di maggior pregio non mancano.

Possibile? Possibile, eccome, se il proprietario dei fori commerciali è il Comune che si accontenta di incassare canoni annuali che poco hanno a che vedere con le attuali quotazioni di mercato. Molti locali ad uso commerciale che fanno parte del patrimonio immobiliare pubblico, infatti, mantengono da decenni contratti che stridono con quanto sborsato mensilmente da altri commercianti che nella stessa zona devono affittare fori da privati cittadini o società.

La situazione si protrae da anni e viene lasciata in eredità di giunta in giunta. Contratti di sei anni più sei rimasti intatti per decenni o appena ritoccati. Un buon affare per chi occupa quei fori. Un motivo di comprensibile irritazione per chi, a una manciata di metri di distanza, paga un’enormità in più. E soprattutto un mancato introito per le casse comunali.

I locali comunali dati in affitto a uso non abitativo sono oltre 140. Alcuni sono occupati da associazioni culturali o benefiche. E in questo caso un canone agevolato da parte del Comune può trovare giustificazione. Ma molti altri sono occupati da aziende con fini di lucro come negozi o esercizi pubblici.

Scorrendo la lista degli affittuari “fortunati” di Palazzo salta subito all’occhio la situazione dei fori commerciali sistemati in piazza dell’Unità. Proprio sotto al Municipio. La farmacia “Ai due Mori”, ad esempio, paga annualmente al Comune un canone di 18.776 euro. Ovvero 1.564 euro al mese. Un canone indiscutibilmente fuori mercato se le assicurazioni Allianz hanno importo un affitto di 8mila euro al mese per il vicino caffè Audace. E se nelle vicine via San Nicolò o piazza della Borsa si versano canoni mensili che oscillano intorno ai 3.500 euro per 50 metri quadrati.

Il tabacchi sistemato all’angolo, sempre sotto al Municipio, ed è un altro esempio, versa annualmente un canone di 4.594 euro al Comune. Ovvero 382 euro al mese. Un importo ridicolo se si tiene conto della posizione. La Bottega Vr che proprio sotto Palazzo Cheba vende accessori e borse garantisce alle casse comunali 21.058 euro all’anno. Il caffè Piazza Grande ne versa 29.922 mentre il negozio di ottica Gab 18.378. Sono 1.531 euro al mese quando per un esercizio pubblico delle stesse dimensioni in via San Lazzaro, in via Santa Caterina o in Cavana si pagano almeno 2.500 euro al mese. Messi a confronto con i canoni d’affitto applicati al vicino Caffè degli Specchi o al foro commerciale di proprietà di AcegasAps locato alla Wind tutti questi importi si rivelano decisamente ridotti.

A godere di affitti molto bassi in immobili comunali non sono sono i locali nelle vicinanze del Municipio. Il Bar X che si affaccia su via del Coroneo e via Palestrina paga ad esempio 1.556 euro al mese. Il Calzaturificio Donda di Largo Barriera versa 31.745 euro all’anno mentre la vicina agenzia di Unicredit, avendo stipulato il contatto più di recente, ne paga 91mila per un immobile di metratura decisamente inferiore.

«Ci sono decisamente parecchie situazioni che vanno riviste e aggiornate. E alcuni affitti ridicoli» ammette Andrea Dapretto, assessore comunale al Patrimonio, ricordando che il Comune ha già messo in atto nell’ultimo anno un lavoro certosino di ricognizione del patrimonio immobiliare. Subito dopo, Dapretto spiega: «Si tratta di vecchi contratti che ora andranno riallineati con i valori di mercato al momento del rinnovo contrattuale. Partendo dal fatto che il Comune non intende buttare fuori nessuno dei suoi affittuari, andrà fatta una rivalutazione tenendo conto anche dello stato in cui si trovano i diversi immobili». In alcuni casi, va infatti ricordato, il contratto di locazione è stato siglato molti anni fa con una tariffa ridotta perché il locale necessitava di alcune opere di ristrutturazione. Dopo decenni però il canone non è mai stato aggiornato e adeguato ai valori di mercato.

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