Affitti Ater lievitati del 5% «Colpa della nuova Ici»

Aumenti a regime con l’inizio del 2012 cioè da subito. Saranno più contenuti per le famiglie meno abbienti, maggiormente onerosi per le altre fasce di reddito
Silvano Trieste 08/07/2011 Ater, Via San Pelagio 15
Silvano Trieste 08/07/2011 Ater, Via San Pelagio 15

TRIESTE

Il debito pubblico e la debolezza dell’euro prosciugano le casse statali? Lo Stato non sa più che soldi dare agli enti locali e li riarma con l’Imu, l’imposta sulla casa erede dell’Ici, estendendola agli enti gestori delle case popolari. L’Ater, alle prese con la nuova tassa, se ne pagherà allora una parte (qui a Trieste dovrebbe essere circa un milione su tre) aumentando del 5% medio - in misura comunque scalare in base al portafogli di una famiglia - i canoni di locazione ai suoi inquilini. Inquilini che a loro volta, di questi tempi, sono gli stessi cittadini che già lamentano un aggravio del costo della vita tra carichi fiscali, bollette, inflazione sul carrello della spesa. Gli stessi cittadini che poi reclamano giustamente servizi - e nei casi più difficili chiedono pure una “mano” economica - proprio al Comune. Cioè l’ente cui lo Stato non dà direttamente, ma che autorizza a “prendersi” qualcosa in altro modo. Per garantire cosa? Servizi ai cittadini.

Il circolo vizioso della crisi si fa dunque sentire, anche a Trieste, anche nell’edilizia sociale. In questi giorni infatti l’Ater ha iniziato a recapitare ai circa 10.500 beneficiari di propri alloggi la “bollettazione”, in cui si comunica che con l’inizio del 2012 - da ora - scatta l’adeguamento all’insu degli affitti, a due anni di distanza dall’ultimo ritocco.

È impossibile riuscire a catalogare, sotto un’unica etichetta, tutti i tipi di aumento previsti dalla modifica della tabella delle percentuali di calcolo, così come è stata decisa di recente dal Consiglio d’amministrazione dell’Ater triestina. È impossibile - premette il direttore generale dell’ente di piazza Foraggi, Giorgio Ceria - perché sono troppe le variabili che incidono, per gradi, sulla determinazione di un canone: reddito familiare, numero dei componenti del nucleo che vive nell’alloggio, la metratura, i vani abitabili, la collocazione, l’età della casa e tutti i parametri della rendita catastale.

Resta il fatto che l’aumento dei canoni è, come semplificano gli stessi vertici dell’Ater, generalizzato. E si attesta a un 5% tendenziale abbondante. Viaggia proprio attorno a un 5% e poco più - spiega ancora Ceria - l’incremento degli incassi totali, derivanti dalla sola riscossione degli affitti, che lo stesso ente prevede di potersi assicurare nel 2012 rispetto al 2011.

La mensilità più bassa in assoluto - puntualizza in proposito il presidente dell’Ater Rocco Lobianco - passa simbolicamente da 15 a 18 euro e quella media sale da 138 a 143. Ma ci sono categorie di famiglie - quelle meno abbienti all’interno della fascia di per sé già meno ricca - per le quali il rincaro sarà «quasi inesistente». Come ci sono poi altre che invece - e qui siamo tra fascia B e fascia C, si veda la tabella sopra - finiranno per pagare ben oltre il 5% in più del 2011.

«Ogni due anni - osserva Lobianco - le Ater sono chiamate a redigere un piano economico-finanziario che comprende la revisione dei canoni, in un range consentito dalla legge regionale. Mi preme sottolineare che il nostro ente ha stabilito cifre inferiori rispetto a quelli di altre province, dove ad esempio le mensilità che qui sono a 18 euro vanno in certi casi vicine ai 40, di euro».

È che stavolta il piano biennale è coinciso, guarda caso, con l’annuncio dell’avvento dell’Imu. Imu che i gestori di edilizia pubblica pagheranno, in sostanza, come sono tenuti a fare i privati che affittano le loro case ad altri privati: «Tutte le Ater - ancora Lobianco - ne hanno dovuto tenere conto. Quella di Trieste, come già reso noto recentemente, ha fatto un budget preventivo di spesa di tre milioni di euro, per far fronte a tale imposta, auspicando peraltro che i comuni della provincia giuliana, a cominciare dal capoluogo, le applichino l’aliquota più bassa del 4,2 per mille. Se per contro ci si farà pagare quella più alta, il costo dell’Imu raddoppierà a sei milioni». A quel punto, lascia intendere in chiusura Lobianco, non è escluso si decida per «un correttivo in corsa», e per un ulteriore rincaro, non fra due anni, ma fra uno soltanto: «E non si potrà prescindere, a livello di coordinamento delle varie Ater, da una richiesta di intervento, importante, a fondo perduto, alla Regione».

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