Affari in picchiata, chiude Seganti spose

Dopo 20 anni di attività il negozio di via Raffineria si prepara a spegnere definitivamente le luci. Maxi svendita sugli ultimi capi
Il negozio “Seganti spose” di via Raffineria, chiude i battenti. A fine luglio abbasserà la saracinesca dopo vent’anni di attività. Ma dietro a una delle tante cessioni c’è una storia particolare, di passione e amore per il lavoro di sartoria, che affonda le radici ben prima del 1997, anno di avvio, e ben più lontano da Trieste, in un altro continente. È il 1955 infatti quando Onorina Seganti lascia la città insieme alla sua famiglia, diretta in Australia, in cerca di fortuna. È una brava sarta e decide di portare un po’ della moda “made in Italy” a Willawong, città dove si stabilisce con marito e due figli. Lì Onorina disegna, cuce, produce modelli, collezioni, apre una boutique che in breve tempo raccoglie fama e successo. Arrivano soddisfazioni personali e professionali ma resta una grande nostalgia per la sua Trieste. Così negli anni ’80 la famiglia decide di rientrare.


Onorina passa qualche anno con piccole mansioni di sartoria, poi realizza il suo sogno: aprire un negozio di abiti da sposa. Sceglie via Raffineria, che all’epoca era un asse di scorrimento vivace e gli affari premiano la sua impresa. Qualche anno fa Onorina muore, subentrano i due figli, con l’aiuto di una commessa, poi la decisione di chiudere a fine luglio, a causa della crisi e del degrado che ha colpito la zona tra piazza Perugino e piazza Garibaldi. «Anche mio fratello è scomparso di recente - spiega Roger Seganti, figlio di Onorina -. Io gestisco già un negozio in via Torino ed era impossibile curare anche l’altro. È subentrata una contrazione degli affari molto dura, c’è poi la concorrenza di internet e poi, soprattutto, la via non è più quella di una volta. Ci sono state rapine, episodi di violenza, la gente non passa più di là. Tutti fattori che hanno portato alla decisione di vendere, a malincuore, ma non si poteva andare avanti. Il negozio resterà aperto ancora qualche settimana. Sono rimasti pochi abiti, ovviamente in svendita: vestiti vintage e e capi delle ultime collezioni. Poi quello che rimarrà invenduto magari lo porterò qui nel mio negozio Urbanwear, perché mi dispiace finisca dimenticato».


Mentre racconta la storia del punto vendita, Roger sfoglia i bozzetti dei modelli che la madre realizzava negli anni ’50 e ’60, perfettamente raccolti in un grande album, insieme a foto e ritagli di giornali australiani dove si parlava di quella boutique italiana alla moda. «Conservo ancora adesso tantissimi disegni di mia mamma, soprattutto degli anni ’60: fogli e fogli che mostrano come fosse all’avanguardia, con uno stile che piaceva molto. Era davvero appassionata al suo lavoro, preparava i modelli, cuciva, seguiva ogni singolo capo. E così l’ha fatto anche quando è tornata a Trieste».


Le soddisfazioni più grandi risalgono proprio all’inizio. «Tra fine anni ’90 e primi 2000 c’è stato un boom, sia di abiti sia di accessori, le clienti non mancavano, c’era una bella atmosfera e la stessa via Raffineria era ancora viva. Le spose arrivavano senza sosta. Ora restano tanti ricordi indimenticabili, instanti indelebili di vita familiare».
(m.b.)


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