Aeroporto, nessuna traccia dei lavori di messa in sicurezza

Chianese (associazione Duca d’Aosta) teme che slitti la riapertura dello scalo: «L’Enac ha tempi biblici. Siamo preoccupati». Aerei ancora bloccati nell’hangar
Di Francesco Fain

Aeroporto Duca d’Aosta, dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti alla riunione romana dell’8 settembre scorso. In quell’occasione il presidente della società consortile Ariano Medeot, il sindaco Ettore Romoli e il vicesindaco di Savogna d’Isonzo Eric Petejan portarono a casa un incoraggiante risultato: la promessa dell’Enac di una riapertura «entro un mese» dello scalo. A formularla fu il direttore generale dell’Ente nazionale aviazione civile Alessio Quaranta. Ergo: entro l’8 ottobre dovrebbe ricominciare l’attività all’interno dell’aviosuperficie. Ma utilizziamo il condizionale perché, a quanto pare, la strada verso la riapertura sembra tutt’altro che spianata.

E a lanciare un grido d’allarme forte e chiaro è Fulvio Chianese, presidente dell’associazione transfrontaliera “Duca d’Aosta” che aveva iniziato, pur fra mille difficoltà, a camminare con i propri piedi e che gestisce l’hangar Gleiwitz. «Siamo preoccupati perché dalla data della chiusura dell’aeroporto non è stato effettuato alcun lavoro o intervento di messa in sicurezza. Per questo, crediamo che la previsione dell’8 ottobre sia sin troppo ottimistica. Ci risulta che la responsabile per il Nordest, la dottoressa Carli, sia in ferie e non si è visto nulla di concreto sulla strada della manutenzione. I tempi dell’Enac, purtroppo, li conosciamo tutti e non siamo affatto tranquilli».

Proprio per questo, Chianese rivela di essersi rivolto al sindaco di Gorizia. «E lui mi ha ascoltato con grande attenzione e ha annunciato che nei prossimi giorni tornerà a contattare i vertici nazionali dell’Enac perché è consapevole che la perdurante chiusura dell’aeroporto è penalizzante. A dire la verità, in queste settimane, un intervento è stato effettuato: l’Ente per l’aviazione civile ha dato il nullaosta per procedere con il taglio dell’erba. Un’operazione che è stata portata a termine tempestivamente dall’agricoltore che si è sempre occupato di quest’impellenza. È evidente e ormai appurato che la questione della bonifica bellica era un falso problema...»

Per il resto, il portone continua ad essere tristemente chiuso. Ci si aspettava la rivolta (quantomeno) dei patiti dello jogging e delle passeggiate negli spazi circostanti l’aviosuperficie ma, evidentemente, a Gorizia non c’è nemmeno più la voglia di protestare. Ormai la rassegnazione più cupa è subentrata a qualsiasi volontà di reazione. Dobbiamo prenderne atto. «In effetti, pure il sottoscritto si aspettava che la chiusura dell’aeroporto avrebbe, alla lunga, finito con lo scatenare una piccola rivolta ma non è successo nulla. Lo stesso giorno della chiusura davvero poche persone si sono presentate allo scalo per manifestare il proprio dissenso», allarga le braccia Chianese.

La pesante catena con annesso lucchetto sono ormai diventati parte integrante del portone, triste e arrugginito. «Il problema è che la maggior parte degli aerei sono scappati. Sono rimasti quattro parcheggiati nell’hangar e che non si possono utilizzare perché l’aeroporto è chiuso. Capite che non si può più andare avanti così a lungo. Bisogna fare qualcosa e in tempi brevi, altrimenti la nostra associazione è destinata a morire», conclude Chianese.

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