Aeroporto di Venezia: Generali esce da Save e cede la quota a Finint

Il valore dell’operazione ammonta a 60 milioni di euro La finanziaria girerà il pacchetto azionario a Morgan Stanley
Di Luigi Dell’olio

MILANO. Generali prosegue nella strategia di uscita dalle partecipazioni che non rientrano nel suo core business, mentre la veneta Finint stringe la presa su Save, la società che gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso, evitando che finisca in mani straniere. Può essere letta così la cessione, siglata ieri, della quota detenuta da Generali (33,49%) in Agorà, veicolo finanziario che attraverso Marco Polo holding controlla il 40,2% di Save. A rilevare la partecipazione, in linea con quanto previsto dal patto di sindacato (sciolto contestualmente all’operazione), è stata la Finint di Enrico Marchi e Andrea De Vido, che a sua volta girerà il pacchetto a Morgan Stanley, già socio di Agorà al 16,4%. A quel punto l’azionariato del veicolo finanziario vedrà Finint al 51% e la banca d’affari statunitense al 49%. L’operazione vale 60 milioni di euro («un valore in linea con le attese», secondo gli analisti di Websim), pari a 13 euro per azione, contro una chiusura di Borsa a quota 12,2 euro e un prezzo medio negli ultimi sei mesi di poco inferiore ai 12 euro. Un premio che si spiega con l’appetibilità della partecipazione e le prospettive di ripresa del traffico aeroportuale nei prossimi mesi.

Considerato che nei giorni scorsi Banca Popolare di Vicenza (da sempre vicina a Finint) ha fatto incetta di titoli di Save fino a raggiungere l’8,2% del capitale, si è quindi chiuso il riassetto, finita nel mirino di diversi operatori internazionali del settore, tra cui Fraport, che gestisce l’aeroporto di Francoforte. Un interesse, a sentire gli analisti, dettato soprattutto dal fatto che il mercato nordestino rappresenta per i tedeschi una porta di accesso ai Paesi recentemente entrati nell’Unione europea. Mire sterilizzate dall’intervento del Governo Letta, deciso nel difendere l’italianità della società. Così alla fine si è deciso di vendere la quota, che Generali aveva intenzione di dismettere da tempo, a una società sì straniera come Morgan Stanley, ma che opera con un’ottica di puro investimento finanziario. Resta da capire quale posizione prenderà ora il fondo Amber, che nell’ultimo mese e mezzo era salito dal 2 al 17% di Save confidando in una sfida aperta per il controllo societario, con ricadute positive sul valore del titolo.

Intanto va segnalato che anche Save si sta muovendo su altri scali, come dimostrano le trattative avviate con la società Catullo di Verona uno scambio di quote azionarie: la prima cederebbe il suo 0,9%, ottenendo in cambio il 5% della società veronese. A seguire potrebbe esserci un aumento di capitale, che dovrebbe portare in pancia della Save il 35% della Catullo.

Tornando all’accordo siglato ieri, va sottolineato che riassetto sociale di Agorà non pregiudica gli altri affari in comune tra Generali e Finint. Il gruppo assicurativo è infatti azionista con il 10% della finanziaria di Enrico Marchi e Andrea De Vido ed è obbligazionista della stessa società tramite un bond convertibile del valore di 50 milioni di euro che va in scadenza nel 2014. 

Con l’ultima cessione, Generali ha definito cessioni per circa 2,3 miliardi di euro, superando così la metà dei 4 miliardi fissati come obiettivo per la fine del 2015. Finora sono usciti dal perimetro di Trieste soprattutto partecipazioni non riguardanti il mercato assicurativo o nelle quali il gruppo guidato da Mario Greco aveva una quota secondaria, con poche possibilità di incidere sulle scelte strategiche, come nel caso delle quote detenute nelle società messicane Seguros Banorte Generali e Pensiones Banorte Generali, cedute la scorsa settimana.

Ora l’attenzione si sposta sulla vendita della Bsi (Banca svizzera italiana), che potrebbe fruttare più di un miliardo e mezzo di euro. Il rafforzamento patrimoniale consentirebbe di affrontare con relativa tranquillità eventuali, nuove turbolenze sui mercati e di liberare risorse per nuovi investimenti.

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