Adriafer, battaglia per il controllo. Terminalisti triestini in cordata

Manifestazioni di interesse per la privatizzazione: con la nuova società si eviterà la doppia manovra che è il principale gap del porto. In gioco anche Fuorimuro e Ferrovie dello Stato attraverso Serfer15

Si sta scatenando un’autentica battaglia per conquistare il controllo di Adriafer, la società che gestisce i movimenti ferroviari in porto. I tre principali terminalisti triestini e cioé la Trieste marine terminal di Pierluigi Maneschi presieduta da Fabrizio Zerbini, la Emt di Francesco Parisi e la Samer seaports&terminals rappresentata da Enrico Samer si sono costituiti in cordata assieme a tre imprese ferroviarie: la Ferrovie Udine-Cividale (Fuc), la bolzanina Rail traction company emanazione del gruppo tedesco Kombiverkehr, e la Rcci ex Rail cargo Italia emanazione di Rail cargo Austria. Queste ultime due gestiscono già collegamenti dai terminal triestini. La concorrenza sembra però arrivare dalle stesse ferrovie pubbliche attraverso Serfer di cui è socio unico Trenitalia e poi dall’operatore che agisce nel primo porto italiano, Genova, cioé la società Fuorimuro i cui azionisti sono il Gruppo Spinelli (30%), Rivalta Terminal Europa (30%), InRail (15%), Tenor (15%), Compagnia Portuale Pietro Chiesa (10%).

Le illazioni portano a prefigurare una battaglia a tre, ma non è esclusa qualche ulteriore sorpresa lunedì pomeriggio allorché nella sede dell’Autorità portuale verranno aperte le buste per scoprire quelle che sono ancora delle semplici manifestazioni d’interesse i cui termini per la presentazione sono scaduti lunedì scorso. Spetterà poi all’Authority, e per l’esattezza al Responsabile unico del procedimento Fabio Crosilla che oltretutto in questi giorni sarebbe stato invitato dalla presidente scaduta Marina Monassi a smaltire le ferie arretrate come tutti i dirigenti che ne avevano ancora, valutare se i manifestanti interesse effettivamente posseggono i requisiti richiesti e invitarli a formalizzare l’offerta. L’Autorità portuale deve cedere perlomeno il 51% delle quote, ma in questa fase non ha ancora nemmeno esplicitato se si fermerà a questa soglia oppure “si disferà” in toto della partecipata. Il procedimento dunque atteso da anni non potrà chiudersi in tempi brevissimi. Eppure questa non è una privatizzazione come un’altra, ma tende a colmare il principale gap che oggi Trieste sconta nei confronti dei porti concorrenti. Adriafer infatti non è un’imnpresa ferroviaria, ma una semplice società e può operare solo all’interno dello scalo, mentre appena fuori dal perimetro deve intervenire un altro operatore prima di consegnare il treno al gestore delle tratte nazionali e internazionali. Si tratta della “famigerata” doppia manovra che fa sì che, secondo cifre fornite dallo stesso Zerbini, mettere in linea un treno dal porto di Trieste costa 2mila e 200 euro, mentre la stessa operazione si fa con 700 euro dal porto di Capodistria e con 850 da quello di La Spezia: una differenza abissale e tale da far sì che il traffico intermodale nave-ferrovia non riesca a esplodere come invece potrebbe con prezzi concorrenziali.

L’associazione temporanea di imprese ha messo assieme i gestori triestini del terminal container del Molo Settimo, del terminal dei traghetti turchi di Riva Traiana e del terminal Emt del Molo Sesto uniti però ad altrettante imprese in quella che, nel loro spirito, dovrebbe essere una società creata non per produrre redditi a sé stanti, bensì a servizio dei traffici intermodali in partenza e in arrivo a Trieste. La presenza nella cordata di un’impresa ferroviaria è uno dei requisiti richiesti dallo stesso Avviso dell’Autorità portuale perché come detto soltanto la qualifica di impresa permette di operare sia dentro che fuori dal perimetro dello scalo.

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