Addio mobili e arredi: a Trieste sparisce la pasticceria di Joyce
TRIESTE. Trieste perde un altro pezzo della sua storia e una sicura attrazione turistica. Era un dubbio, adesso è una certezza: la pasticceria Pirona non tornerà mai più quella di prima. Il locale preferito da James Joyce, passato indenne attraverso due guerre e vari cambi di gestione, non ha resistito alla globalizzazione strisciante. I nuovi, misteriosissimi proprietari (ma le ultime indiscrezioni dicono trattarsi di una azienda locale), non sapevano che farsene di quei magici mobili di legno, di quelle incantevoli vetrinette, di quelle tazzine d’altri tempi. Forse diventerà un negozio, per vendere un domani chissaccosa di così clamoroso da giustificare uno scempio della memoria.
Ma location a parte, non tutto andrà perduto. Di ufficiale non c’è ancora niente, ma si dice si sia mosso in persona il presidente della Fondazione CrTrieste, Massimo Paniccia, per acquistare tutti gli arredi. Un’operazione, sembra, da 30, 40mila euro. Sempre stando alle indiscrezioni, dovrebbero finire temporaneamente in un magazzino del Porto vecchio in attesa di deciderne la destinazione. La prima ipotesi è la futura ricostruzione del caffè con quegli arredi nel Museo Joyce.
Nel mondo della politica, gran calma, con una buona parte degli assessori comunali totalmente ignari della faccenda. La conosce bene, invece, il professor Renzo Crivelli, direttore del dipartimento di Letteratura inglese dell’Università e personaggio di spicco nella galassia degli studiosi del grande scrittore irlandese, cui ha dedicato il suo libro “James Joyce - Itinerari triestini”. «Da quello che so - racconta - la pasticceria è stata venduta dagli ultimi proprietari, ma non so chi l’abbia acquistata. Erano state date assicurazioni al Comune, era un locale storico tutelato dalla Regione, ma credo non basti, la tutela riguarda solo l’obbligo di continuare a vendere pasticcini e basta. A me risultava che il Comune avesse acquistato tutto l’arredamento per evitare che andasse al macero. E che sia già nei magazzini. Credo che appena sarà ampliato il Museo Joyce ricostruiremo il caffè Pirona all’interno». Una visione positiva ma ancora leggermente ottimistica. A correggerla, la nuova direttrice dei Musei comunali e della Biblioteca civica, Laura Carlini Fanfogna. «Non abbiamo acquistato noi gli arredi, è stata la Fondazione CrTrieste che poi dovrebbe darli in consegna al Comune. Il Museo Joyce? Vedremo, Palazzo Biserini deve esser ancora ristrutturato».
Il malumore è evidente. «Ci siamo rimasti molto male. La questione - spiega la direttrice - è che deve venir esercitato il giusto rispetto istituzionale. Il potere di tutela ce l’ha solo lo Stato, e quindi la Soprintendenza, non la Regione. Di sicuro i proprietari hanno perso la grande occasione di mantenere gli arredi originali. È una perdita culturale e di promozione commerciale enorme». Un concetto che trova spalla negli stessi esercenti, disorientati prima ancora che stupiti dalla scelta. «Quel locale è storia, è Trieste - tuona Bruno Vesnaver, presidente della Fipe - ed è un gioiello che andava tutelato e non smembrato facendo perdere ogni valore all’atmosfera che si respirava entrando in quella pasticceria. Dove è in questi casi la Soprintendenza, così pignola con le fioriere e gli ombrelloni degli esercenti? Capisco che la proprietà di quel locale è privata, ma bisognava intervenire diversamente». Per capire cosa si andrà perdendo, in effetti, basta sentire ancora una volta Crivelli. «Era una delle pasticcerie storiche, si va indietrodi oltre un secolo. Joyce nel 1912 abitava in via della Barriera Vecchia, sopra la Farmacia Picciola (i cui arredi, detto per inciso, sono finiti a Vercelli, ndr), al primo piano. In alcune lettere aveva fatto anche la lista delle cose che avrebbe voluto fare rientrando a Trieste, e una visita alla Pirona era tra queste. Ce l’aveva di fronte - continua lo studioso - e andava tutte le mattine a prendersi le creme. C’era l’uso di annunciare con un cartello l’ora in cui venivano sfornate. Lui ne parla in alcune sue lettere, era un luogo cult inserito negli itinerari joyciani di Trieste, i turisti finivano in questa pasticceria molto spesso. I precedenti proprietari avevano anche messo un leggio, il mio libro, fuori c’è la targa di “locale storico”. Non so cosa ne faranno adesso. C’è da chiedersi veramente cosa ci sta a fare la Soprintendenza, certe volte...».
E lui, James Joyce? Avrebbe archiviato la perdita con un’alzata di spalla o l’avrebbe degnata di una delle sue frasi? Questa, ad esempio: «Ecco da cosa si vede il buon commerciante. Ti fa comprare quello che lui vuol vendere...».
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