Addio al farmacista paroliere che creò il mito “Finanziere”

TRIESTE “Finanziere” è quella canzone che tutti i triestini hanno intonato almeno una volta. Nei lunghi pomeriggi in osmiza passati seduti sulle panche, lasciando dondolare le schiene al ritmo del celebre verso “cosa devo dichiarare?” Orecchiabile e ironica, è entrata a pieno titolo nel patrimonio della musica popolare locale perché racconta parodisticamente una Trieste che non c’è più. Racconta i tempi di quando i triestini andavano in “Jugo” a fare la spesa e s’imbattevano nei controlli ai valichi del rientro cercando di non farsi pizzicare con la merce di contrabbando che tentavano di portare con sé, dalla carne di qualità slovena alla buona grappa.
E se le note di “El finanzier” saranno sempre in grado di sollevare l’umore di qualsiasi persona si trovi a canticchiarla, d’ora in poi la si intonerà con un carico di nostalgia in più. Lunedì 9 aprile si è infatti spento, all’età di 64 anni, il suo “primo” autore, Antonio Damiani di Vergada, farmacista triestino discendente da nobile famiglia dalmata. Per tutti a Trieste era semplicemente Toni Damiani, il cantante con la chitarra da sempre sui palchi della città. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, e con il suo proverbiale ottimismo sembrava potesse vincere il male che l’aveva colpito un anno e mezzo fa. «Invece nelle ultime tre settimane ha avuto un tracollo, e non c’è stato più niente da fare» annuncia il figlio Giovanni.

La notizia è subito corsa, a dimostrazione dell’affetto che i triestini hanno sempre provato per l’artista, la sua musica, e la passione che per essa trasmetteva. Fin da quel primo successo di “Finanziere”. «La scrisse per scherzo insieme all’inseparabile fratello Franco - racconta il suo caro amico Adriano Tasso -. Aveva sì e no 18 anni, erano i tempi del liceo. Poi la fece sentire a Lorenzo Pilat, che a quei tempi era già un artista di successo, e ne colse subito le sue potenzialità». Una versione confermata anche dai musicisti Roberto Cerne e Sergio Jacobucci, gli artisti con cui Toni Damiani ha suonato per hobby fino all’ultimo. «A quei tempi Toni non pensò di depositare i diritti di quella canzone - racconta Cerne - ma Pilat gli ha sempre dato il giusto riconoscimento. Tant’è che negli spartiti compaiono entrambi come autori».
Un aneddoto che Pilat stesso ricorda facendo riferimento «alle gite fra Cherso e Lussino che andavo a fare con Toni e suo fratello Franco perché ci piaceva andare a pescare insieme. E sì, ci piaceva anche fare le canzoni. Abbiamo lavorato insieme per gioco, poi lui cominciò a fare il farmacista e ci siamo persi di vista. Sapere cosa gli è successo è un brutto colpo, non me l’aspettavo. Era un buon ragazzo che non meritava di andarsene da questo mondo. Di lui ho un bellissimo ricordo, il ricordo di un uomo onesto, serio e lavoratore».

Ammette di sentirsi «sotto choc» Sergio Jacobucci, il musicista con cui Toni Damiani ha condiviso il suo ultimo concerto, sul Carso a Capodanno: «Non riesco ancora a mettere a fuoco quanto è successo, l’ho visto otto giorni fa e abbiamo fatto una chiacchierata insieme. Era una persona squisita, altruista, buona. Un bravissimo cantante, un ottimo musicista e un grande amico».
Roberto Cerne ricorda invece «l’ultima fatica: “Una canzone lunga 50 anni”, il tour che abbiamo fatto nel 2016 in trio (Sergio Jacobucci, Toni ed io) offrendo, in due ore e mezzo di spettacolo, un excursus della musica fino agli anni ’90. Proponevamo i nostri arrangiamenti, dai Beatles a Celentano; dagli Europe a Carosone».
Toni Damiani era amato anche dalle generazioni più giovani. Lo sottolinea il musicista Leonardo Zanier. «Aveva l’età dei miei genitori ma dimostrava sempre un grande affetto per i giovani musicisti triestini. Sono tanti i suoi successi, come “Aria de casa”, musicata con il maestro Giuliano D’Aiuto e dedicata sempre a Trieste. Con lui partecipai allo spettacolo di Edda Vidiz “Premiata ditta Trieste & figli”. Fece un mucchio di cose. Animò il trio con Fabio Vattovani e con Roberto Cerne».

Il fratello Franco cita la canzone “Trieste un poco Americana” scritta insieme a Mariano Tassan e a Pilat, e ancora il gruppo dei “Doctor Rock”, composto tutto da medici (e un farmacista) con la passione per la musica. «Le virtù - così il fratello - con le quali ha sempre raccolto attorno a sé un incalcolabile numero di amici sono state la generosità e la volontà di tenere unite tante persone, cosa che, con un grande senso di partecipazione e solidarietà, considerava un patrimonio ineguagliabile. Fortemente legato alla famiglia, curava con massima dedizione le sue passioni: le amicizie, la musica, il mare e la pesca».
L’artista lascia la moglie Anna, il figlio Giovanni, il nipote Pietro e il fratello Franco. I suoi funerali saranno celebrati venerdì alle 11 nella chiesa di Barcola.
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