Addio ai consolati di Capodistria e Spalato

Chiusura decretata dalla Farnesina nell’ambito della ristrutturazione delle sedi diplomatiche. Ora si punta a Oriente
Di Mauro Manzin

TRIESTE. Questa volta per il consolato generale d’Italia a Capodistria e quello di Spalato sembrano proprio suonare le campane a morto. Le due rappresentanze diplomatiche, infatti, dovrebbero essere chiuse alla fine di quest’anno. La notizia è stata confermata anche dal console generale d’Italia a Capodistria, Maria Cristina Antonelli che si è insediata nel capoluogo del Litorale solo a inizio anno, dopo che la gestione Terzi di Sant’Agata della Farnesina aveva scongiurato la già paventata serrata. «Purtroppo devo confermare la notizia della chiusura dei due consolati - afferma la Antonelli - notizia che è giunta anche per noi in modo imprevisto e improvviso. «Quanto ai tempi di chiusura, che saranno comunque ravvicinati, credo che per Capodistria avremo qualche mese in più. Per il momento siamo in attesa di informazioni più dettagliate da Roma».

Capodistria e Spalato vengono “travolti” dalla svolta imposta dalla Farnesina sotto la gestione Bonino. Il ministero degli Esteri, infatti, guarda ad Oriente, ai nuovi mercati, e si prepara ad aprire nuove sedi diplomatiche in Turkmenistan, in Cina, perfino in Vietnam. L’obiettivo è chiaro: «riorientare» la politica estera italiana, aprendo nuovi uffici nei Paesi dove gli investimenti in termini di risorse dedicate alla politica estera risultano più fruttuosi. In contemporanea, però, non potendo aumentare le risorse di budget e di personale (attualmente il ministero conta un terzo dei diplomatici rispetto alla Francia, un quarto rispetto alla Gran Bretagna, la metà delle risorse umane complessive rispetto alla Germania), si avviano alla chiusura altre quattordici sedi tra ambasciate e consolati. Una riorganizzazione della rete consolare, allo studio da tempo, che numeri alla mano non sta piacendo molto ai parlamentari eletti all’estero. I deputati del Pd, per esempio, hanno espresso un dissenso «che riguarda il metodo usato per arrivare a questa decisione e la stessa linea di ottenere risparmi continuando a sacrificare servizi consolari», ma il malumore è bipartisan. È proprio però la volontà di cogliere le nuove opportunità globali la filosofia che guida il progetto di ristrutturazione della Farnesina, che considera assolutamente strategico il nuovo consolato generale d’Italia a Chongqing, che avrà un bacino di utenza di duecento milioni di cinesi (venti volte la popolazione della Grecia, trenta volte quella della Svizzera), l’ambasciata ad Ashgabat, per le potenzialità energetiche del Turkmenistan e il consolato di Ho Chi Minh City, la «Milano» del Vietnam. E altre aperture seguiranno a queste, assicurano in risposta alla critiche fonti ministeriali, in linea ed al servizio degli interessi strategici del nostro Paese.

Le stesse fonti che sottolineano come naturalmente, a parità di risorse, per poter aprire occorre anche chiudere. E a chiudere (o a essere accorpati) saranno uffici consolari situati in aree di emigrazione più tradizionale: molti in Europa, dove le distanze geografiche e culturali con l’Italia sono ormai abbattute (chiuderanno Sion, Neuchatel e Wettingen in Svizzera, Mons in Belgio, Amsterdam in Olanda, Spalato nella Croazia appena entrata nella Ue, Timisoara in Romania, Tolosa in Francia, Capodistria in Slovenia, Scutari in Albania), altri negli Usa (Newark) e in Australia (Adelaide e Brisbane). Non è la prima volta del resto, ricordano dal ministero, che vengono chiusi uffici consolari, 24 dal 2007 al 2011, prevalentemente in Europa, mentre a oggi si contano ancora 319 sedi all’estero tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici consolari ed istituti di cultura. La novità sarebbero semmai le aperture, all’interno di un piano «che permetterà di realizzare significativi risparmi economici ma anche di recuperare risorse umane e finanziarie da reinvestire nella rete stessa, con l’obiettivo di assicurare il loro migliore utilizzo al servizio dei cittadini e delle imprese, e soprattutto a beneficio della complessiva proiezione del Sistema Paese».

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