Addio a Zarattini, il “papà” geniale di stadio Rocco e PalaChiarbola
TRIESTE. Si è spento serenamente a 95 anni, nella sua casa di strada del Friuli, l’ingegner Mario Zarattini, professionista molto noto a Trieste e in Friuli, avendo contribuito alla realizzazione di strutture di grande valenza sociale. In città era considerato uno dei papà dello stadio “Rocco”, una costruzione che all’epoca dell’inaugurazione, nel 1992, era giustamente considerata avveniristica, perché proponeva un impianto per il calcio senza pista di atletica e con palestre e piste inserite nel corpo delle tribune.
Ma al suo nome è abbinato anche il PalaChiarbola, struttura che risale a 50 anni fa, ritenuta geniale per la capacita di modellarsi, grazie alle tribune telescopiche, alle varie discipline che ospitava: in quegli anni, erano soprattutto la pallacanestro e l’hockey su pista, ma si aggiunse ben presto anche la pallamano.
Molto presente nella progettazione di costruzioni a indirizzo sociale, Mario Zarattini legò il suo nome alla realizzazione del Gregoretti e di casa Bertoli e casa Serena, oltre a molti altri edifici. Ma l’ingegnere di Ampezzo era molto conosciuto e apprezzato anche nell’alto Friuli, dove aveva lavorato intensamente per la ricostruzione, dopo il terremoto del 1976, lasciando un’impronta indelebile nella rinascita di quella terra così martoriata.
Approdato a Trieste, dopo aver lasciato la sua amata Carnia, Zarattini si laureò in Ingegneria civile all’Università del capoluogo nel 1953. All’ateneo giuliano ricoprì subito dopo, fino al 1958, il ruolo di assistente straordinario, insegnando costruzioni. Entrando nel novero dei progettisti più brillanti della città, Zarattini partecipò per decenni alla crescita urbanistica di Trieste, firmando opere importanti.
Sposatosi con Armida, ebbe due figli, Luciano, che ne segue le orme come ingegnere, e Francesco, conosciuto fisioterapista. Rimasto vedovo, si sposò nuovamente con Liberata.
«Da giovanissimo – ricorda Francesco – era, come gran parte dei suoi coetanei, un grande appassionato di calcio e, dopo aver giocato nell’Ampezzana, arrivò a fare un provino per la Triestina, sotto gli occhi di Nereo Rocco». «Il responso – aggiunge – non fu molto lusinghiero, perciò papà dovette rinunciare al suo sogno giovanile, ma ricordava ugualmente quell’episodio, in età matura, rivestendolo della giusta dose di autoironia».
«Amava moltissimo il mare – prosegue il figlio Francesco – e andava appena poteva nella sua casa di Lussino». «Era orgoglioso di ciò che aveva fatto per Trieste – conclude – e ha vissuto gli ultimi anni nella serenità della sua casa, in strada del Friuli, dove si è spento assistito da tutti noi della famiglia, consapevole di aver vissuto tanto e nel modo desiderato».
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