Addio a Panizon, il papà della pediatria e del Burlo

È morto un grande medico, il “papa” dei pediatri. Trieste perde Franco Panizon, scomparso ieri a 87 anni. Lo perde il “Burlo Garofolo”, di cui fu con Sergio Nordio il fondatore, per la rivoluzionaria fede in una medicina umanizzata. Con Panizon e Nordio partì da Trieste negli anni Settanta una nuova cultura, che metteva al centro delle cure il bambino e la mamma e introduceva per i piccoli il day hospital allora inesistente.
A Trieste Panizon, laureato in Medicina a Padova nel 1949, era arrivato dopo Padova stessa e Sassari, Ferrara, Pavia. Tornato nella sua città natale, ne restò turbato: gli parve “una bella addormentata” (disse poi), dove la forza del rinnovamento poteva però trovare per questo facile spazio, anche sulla spinta delle contemporanee “rivoluzioni” di Franco Basaglia nella psichiatria. Panizon al Burlo si occupò dapprima di Oncologia, in seguito (quando Nordio divenne direttore sanitario) anche di Neonatologia, quindi divenne direttore dell’Istituto di clinica pediatrica e del reparto di Pediatria.
Docente di Pediatria e direttore della Scuola di specializzazione all’Università di Trieste, in seguito professore emerito, Panizon (che aveva una passione per la musica di Mozart e soprattutto per l’arte, essendo egli stesso ottimo disegnatore) fu a livello nazionale il fondatore dell’Associazione culturale pediatrica e di molte riviste scientifiche, dalla famosa e tuttora attiva “Medico e bambino” a “Rivista italiana di pediatria” e a “Prospettive in Pediatria”. I suoi manuali sono considerati dei classici: «Manuale di puericultura pratica” (1982), “Ortopedia per il pediatra” (con Giuseppe Maranzana, 1999), “Pediatria ospedaliera. Nuovi protocolli diagnostico-terapeutici” (con Mauro Pocecco, 1998), “Cari genitori. Piccola guida alla salute del bambino” (Laterza, 1998 e 2000).
Ma nel 2010 Panizon sorprese tutti con un libro autobiografico, «La bella gioventù. Memorie di un alpino della Monterosa” (Mursia) in cui raccontò, e confessò, la sua giovinezza nella Repubblica di Salò. Il resto della sua vita lo avrebbe passato dalla parte della sinistra, da ultimo fu tra i sostenitori della candidatura a sindaco di Roberto Cosolini. Solo nel marzo scorso aveva preso parte a un convegno organizzato dal Circolo di studi “Che Guevara” assieme a Franco Rotelli e Fulvio Camerini per un racconto critico della Sanità triestina dagli anni Settanta a oggi, e con il consueto piglio energico e fortemente comunicativo aveva dato un ritratto severo della città “nel mitico ’68”: «La città era indietro rispetto a tutta l’Italia non solo per la qualità delle cure e per la qualità dell’albergaggio ma anche e specialmente per il rapporto reciproco, di potere, dall’alto in basso, fra medici, infermieri e pazienti». Che il pediatra portò, nel suo campo, a rivoluzione.
«Ricordo - dice Fulvio Camerini - quando era appena venuto a Trieste, come cambiò gli schemi. A Cardiologia avevamo un bambino cardiopatico, con un blocco ventricolare, e chiamammo Panizon per un consulto. Lui, direttore di una clinica, all’epoca in cui “il barone” stava ancora molto in alto e a distanza, restò a vegliare quel bimbo per tutta la notte. Questo dice tutto di Panizon, assieme alle sue straordinarie capacità di docente, molto amato dagli studenti, perché sapeva coinvolgere e discutere. Senza dire - conclude Camerini - che anche sapeva scrivere benissimo. Una personalità complessa, di grande valore, una vera perdita per tutta la comunità triestina».
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