Addio a Marta Ascoli sopravvissuta al lager

È morta all’età di 87 anni la triestina ex deportata e autrice del libro “Auschwitz è di tutti”. Fu arrestata a Trieste nel 1944

È morta domenica a Trieste all’età di 87 anni Marta Ascoli, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, autrice del libro “Auschwitz è di tutti” (edito in prima edizione dalla Lint, ora da Rizzoli, tradotto anche il sloveno), una delle memorie più lucide e drammatiche sull’olocausto.

Marta Ascoli venne arrestata a Trieste la notte il 29 e il 30 marzo 1944, a 17 anni, e rinchiusa nella Risiera di San Sabba, insieme a decine di altri triestini. Benché cittadina italiana e cattolica, il suo cognome, tipico delle famiglie d'origine ebraica, convinse i nazisti a deportarla ad Auschwitz. E proprio dal campo di sterminio simbolo della Shoah partì una lettera con cui il 16 agosto le SS informavano la madre che il marito Giovanni e la loro figlia erano morti, vittime di un attentato. Notizia vera per metà, perché se il papà Giovanni era morto, Marta si salvò. Dopo molti anni e un lungo e travagliato silenzio Marta Ascoli prese carta e penna e raccontò le atrocità vissute in quei mesi: la separazione dalla madre, il terribile viaggio in treno verso Auschwitz, sola donna in un convoglio di uomini per non abbandonare il padre, quindi Birkenau, poi Bergen-Belsen; e le malattie, il freddo, la fame, il lavoro massacrante, le sevizie di cui fu testimone, le selezioni per la camera a gas. E quella frase che suonava come una condanna a morte continuamente rinviata: «Tu da qui non uscirai che per il camino».

«Ho sentito il fischio sinistro dei convogli in arrivo - raccontava Marta Ascoli - ho visto buttati al vento in mezzo i binari di Birkenau carte, fotografie, nastri, scarpette, giocattoli, effetti personali degli ebrei portati alla camera a gas; ho sentito nelle narici l'odore indicibile del fumo delle ciminiere; ho superato sei selezioni per il forno crematorio; ho sofferto il freddo polare lungo la Vistola dove ci portavano a lavorare in condizioni disumane; ho affrontato il trasporto verso Bergen Belsen dove la morte mieteva a piene mani le nostre compagne, in preda alla fame, al tifo petecchiale, alla disperazione più nera». La morte era una liberazione, eppure Marta rimase attaccata alla vita con tutte le sue forze. E quando, ormai allo stremo, decise di farla finita lanciandosi contro il filo spinato, la sentinella che la vide non sparò. Fu liberata dagli inglesi il 15 aprile 1945.

Negli anni successivi, dopo essersi sposata nel settembre del 1957 con Onofrio Puzzolo, oggi novantenne (lascia due figli, Davide, 50 anni e Miriam, 53) e dopo un lungo travaglio interiore, Marta Ascoli fece della sua memoria, della sua testimonianza, una bandiera per tutti: «Il Lager - ripeteva sempre - non è mai uscito dal mio cuore e dal mio cervello. Niente potrà riparare la ferita subita, ma sono convinta che noi ex-deportati possiamo fare qualcosa per gli altri, il mio ricordo non può e non deve rimanere chiuso tra le mura di casa, all'interno della famiglia, sento che la mia sventura riguarda tutti, le vittime di ogni violenza, ma anche chi continua a pensare all'altro come nemico da annientare, da liquidare».

Per sua espressa volontà i funerali si svolgeranno in forma strettamente privata.

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