Addio a Guido Trani: fu lui l’ultimo “frenador de città”

Piranese di nascita, guidò la corsa finale del tram 9 nel ’70 Da sempre legato alla chiesa, fu anche ordinato diacono

TRIESTE Era stato l’ultimo “frenador de città”, ma anche un diacono. Guido Trani, piranese di nascita, è scomparso negli scorsi giorni a 79 anni dopo una grave malattia. Da circa un anno era ospite di una casa di riposo. Era stato lui, 50 anni fa, il protagonista della fine del servizio tranviario urbano sulla linea 9 tra Barcola e San Giovanni: era il 31 marzo 1970. «Fui assunto nel 1963 – raccontava con grande orgoglio Guido Trani sulle nostre pagine 10 anni fa, in un articolo di Andrea Di Matteo – con la qualifica di bigliettaio e soltanto un anno dopo potei accedere a una selezione interna per guidatore di filovie».

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Due anni dopo vinse un concorso interno per manovratori tranviari. Fu, la sua, una carriera ricca di aneddoti esilaranti ma anche drammatici. Mitica la volta in cui con un bigliettaio, pur mantenendo comunque alta l’attenzione alla guida, era riuscito a nascondersi talmente bene da far sembrare che la vettura che conduceva fosse vuota. Meno divertente fu quando il mezzo di cui era alla guida fu colpito da un incendio.



All’interno della Diocesi, invece, Trani ricoprì l’incarico di diacono. Dal 2015 fino a circa un anno fa fu al fianco di don Fabio Gollinucci, parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo. «Eravamo stati ordinati insieme», ricorda don Gollinucci: «L’avevo conosciuto quando era autista del vescovo Lorenzo Bellomi ed era già in pensione». Nel 1995 era appunto diventato diacono e il suo impegno ecclesiale era diventato ancora più forte. Si era sposato, ma non aveva avuto figli e anche per questo aveva dedicato parte del suo tempo alla Chiesa essendo pure membro dell’Azione cattolica.

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La sua fede aveva origini lontane, dalle terre in cui era nato. «Eravamo cresciuti assieme, oltre che a scuola, nella stessa classe, anche attorno all’altare, nel Duomo di San Giorgio a Pirano, sotto la guida di un giovane bravo sacerdote, don Mario Latin, futuro parroco di Roiano», racconta Mario Ravalico, che gli ha dedicato un ricordo sul sito web dell’Azione cattolica: «Don Mario ci aiutava a comprendere tante cose, a servire all’altare con consapevolezza, soprattutto a capire il significato di quelle preghiere in latino che noi recitavamo a memoria. Era il tempo in cui era stato tolto dalla scuola l’insegnamento della religione e anche l’insegnamento del latino. Con Guido, di nascosto, ci riunivamo assieme al nostro sacerdote in uno scantinato, sotto la sacrestia, perché non ci scoprissero. Allora era vietata ogni attività religiosa, a parte la celebrazione della messa».

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La sua partecipazione alla vita diocesana si divise tra il catechismo e il servizio liturgico e pastorale. Prima che esistesse la Caritas e prima dell’ordinazione, racconta ancora Ravalico, collaborò nella Curia svolgendo svariate mansioni che il vescovo Bellomi di volta in volta andava chiedendogli: «Una volta a settimana, a nome del vescovo, incontrava nell’atrio della Curia, su un tavolino più che provvisorio, quanti chiedevano aiuto per varie necessità, personali o familiari, alle quali Guido cercava la più opportuna soluzione».—


 

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