Addio a Giancarlo Pozzo, patron della Pro

Stroncato a 77 anni da un malore in casa. Con Gigi Del Neri alla fine degli anni Ottanta aveva reso grande il calcio goriziano

Era un friulano doc, il fratello di mezzo, tra Gianfranco e Giampaolo, il presidente dell’Udinese: era un falso burbero Giancarlo Pozzo che se n’è andato ieri a Gorizia, a 77 anni, per un malore in casa. Udinese di nascita, goriziano d’adozione: una vita tra la Freud, l’azienda di famiglia - di cui dicevano fosse la mente più ispirata - e il calcio, a cavallo tra Udinese e Pro Gorizia. Del club friulano, fino ai primi anni ’90, era un’anima sommersa, sempre in cerca di novità per stupire, sempre a caccia di abbonamenti, sapeva meglio di tutti come arrivare al cuore dei tifosi. Vulcanico – ma il termine non gli piaceva – scalpitante e permeato da una bontà unica: gli chiedevi un dito e ti dava un braccio. Era uscito di scena una ventina d’anni fa, rifugiandosi nella sua casa in via Duca d’Aosta, a Gorizia, con l’inseparabile compagna Magda, assicuratrice di professione. Aggressivo, vociante con un debole per gli anziani - quelli che se la passavano peggio - e i bambini di fronte ai quali il suo faccione burbero s’illuminava come quello di un Papa: genio e sregolatezza. Genio tanto, perché nessuno - anno 1987 - avrebbe riportato una “bagnarola” come la Pro Gorizia, sul punto di affondare, ai vertice del campionato Interregionale con un contorno di 3-4 mila persone che, improvvisamente, riscoprirono la passione per il calcio. L’ultimo grande presidente biancazzurrro. Scoprì Luigi “Gigi” Del Neri, lo forgiò e in un paio d’anni lo lanciò sul palcoscenico del grande calcio. E il tecnico lo ricorda così: «Quando arrivò lui, sembrava che la Pro Gorizia dovesse chiudere i battenti: avevo altre offerte, dovevo andare alla Pasianese, ma rifiutai, volevo rimanere a Gorizia. Dovevamo debuttare a Rovigo e due sere prima non avevamo neanche undici giocatori. Poi in 48 ore riuscimmo a sistemare le cose e alla fine Giancarlo allestì una signora squadra. Lo stadio era sempre pieno, emozioni inimmaginabli. Ma non c’era solo la domenica: lui era una fucina di idee, si cominciava a lavorare il lunedì e si finiva il sabato sera. Un’ambiente bellissimo, con giocatori che erano amici dentro e fuori dal campo. All’epoca eravano una delle poche squadre di categoria a indossare la divisa ufficiale e alla domenica andavamo tutti a messa, non so se mi spiego». Si spiega benissimo Gigi e ci sarebbero tante altre cose da dire e da spiegare sul Giancarlone sempre effervescente come un’alka selzer anche quando, alcuni anni fa, era ricoverato a Villa San Giusto. Ma ci stette poco, diceva che non era il suo ambiente. Alcuni anni fa ci disse: «Voglio rifare grande la Pro Gorizia». Troppo tardi Giancarlo.

La data dei funeralui sarà comunicata lunedì.

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