Addio a Carlo Mangani, progettò l’Hannibal di Monfalcone
MONFALCONE È nota l’origine del nome: deriva dall’affettuoso saluto “Hello Hannibal”, che gli avversari di tutto il mondo rivolgevano nelle regate internazionali al nostro Annibale Pelaschier, che ha legato la sua fortuna sportiva al dragone di Sergio Sorrentino. È noto anche chi, a metà anni Sessanta, volle il Marina, appunto Sorrentino. Era meno noto forse chi lo progettò: l’architetto Carlo Mangani.
All’età di 96 anni Mangani si è spento a Udine. I funerali, in forma privata, saranno celebrati oggi pomeriggio nel cimitero di San Vito a Udine. Carlo Mangani nasce a Grosseto nel 1923 da genitori senesi, ma seguendo i trasferimenti del padre approda ben presto a Udine, che diventa a tutti gli effetti la sua città.
A Milano conosce il suo mentore Giò Ponti, si laurea al Politecnico nel 1954.
Nel 1956 apre lo studio a Udine. In settant’anni di attività Mangani spazia nel vasto campo dell’architettura facendosi conoscere per alcune tra le più belle ville moderne della regione, costruite in particolare tra gli anni ’60 e ’80. Inserite con sapienza nella cornice naturale dei paesaggi dell’arco collinare friulano e del Carso, spiccano, ville Perizzi a Duino, Chersi a Opicina, Muzina a Trieste. Carlo Mangani - come ricorda il collega Marco Stefani - deve alla passione per la vela un incarico che lo renderà molto noto tra gli appassionati di nautica: Marina Hannibal a Monfalcone, che nel 1964 è il primo marina in Italia.
All’Hannibal Mangani precorre di almeno un paio di decenni tematiche che saranno care agli ambientalisti, limitando a due piani l’altezza massima in tutto il complesso, e frazionando il costruito in padiglioni dallo sviluppo accentuatamente orizzontale, organicamente collegati tra loro a costituire un villaggio nautico da percorrere solo a piedi. Un piccolo capolavoro, tuttora in funzione e integro nelle sue parti dopo più di cinquant’anni.
A Udine costruisce la serie di case affiancate di via Birago, in getto a vista in calcestruzzo armato e sasso (una “cifra stilistica” riconoscibile), il complesso Edilfriuli di via Tullio, il nuovo studio del pittore Giorgio Celiberti e l’ampliamento del cimitero urbano di San Vito, con il settore a corti su due livelli; a Trieste va ricordata la sua collaborazione con Illy Caffè, in particolare per le palazzine degli uffici e l’ampliamento delle strutture produttive. Qualcosa come quattrocento progetti di architettura, di cui più della metà realizzati, e un numero imprecisato di progetti eseguiti di design rimangono a testimonianza della sua lunga vita operosa, del suo talento, ma anche dell’integrità della persona, che si rispecchiava nella chiarezza e nella qualità delle opere. —
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