Addio a Baldovino Ulcigrai, esempio di professionalità e storica colonna del Piccolo
TRIESTE. Il giornalismo è stato la sua passione, fin dai tempi del liceo. Lo ricordo trafelato che saliva sull’autobus che ci portava a Grignano il 21 agosto ’68 dandoci la notizia dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Lui aveva già sentito i giornali radio mentre noi dormivamo beati. Più tardi avremmo visto e commentato insieme le drammatiche immagini dei carri armati nel centro di Praga. Baldovino Ulcigrai se n’è andato troppo presto, vinto dal male contro il quale ha lottato per anni, con l’ottimismo della volontà.
Aveva cominciato la professione collaborando con il Meridiano, il settimanale triestino fondato negli anni ’70. Fu lì che mosse i primi passi da cronista in giro per la città. Ricordo i suoi articoli sugli esami di maturità (tra i quali anche il mio), articoli che rivelarono subito le sue doti di cronista, scrupoloso, attento ai particolari, curato nel linguaggio. Una professionalità che andò costruendo e che trovò apprezzamento anni dopo al Piccolo, dove approdò nel 1978. Nel frattempo si era laureato brillantemente in Giurisprudenza, ma non aveva voluto seguire quella strada, come avrebbe desiderato suo padre, l’avvocato Ubaldo Ulcigrai.
Livio Missio, capo cronista e successivamente capo redattore del nostro quotidiano ricorda due suoi pregi, umani e professionali: «La grande onestà intellettuale e il laicismo rigoroso con cui affrontava i vari casi della vita pur non venendo meno alla sua fede cattolica. Questo laicismo nulla toglieva all’umanità che riservava a chi, incappando nelle maglie della cronaca, era meno difeso». «Ricordo un episodio – continua Missio –. Sono le tredici o poco dopo. Io e lui stiamo per chiudere la mattinata per la pausa pranzo. Squilla il telefono (avevamo le scrivanie di fronte) e risponde lui. Una voce: “Sto per uccidermi, aiutatemi voi del Piccolo”. Un po’ a cenni e un po’ col vivavoce mi fa capire che cosa sta succedendo. Lui lo tiene al telefono per tanti, interminabili minuti mentre io, dall’altra linea, faccio intervenire la Polizia. È stato salvato. Anche questo era Baldovino». Missio lavorò per oltre sette anni in Cronaca insieme a Baldovino e poi, sempre insieme, lavorarono all’Ufficio centrale del giornale, quello che si occupava di interni, esteri, economia.
Ma ci sono due altre passioni di Baldovino: l’enologia e la gastronomia. Era un autentico esperto di vini e di cibi ben prima che gli chef più o meno stellati irrompessero sui nostri schermi a tutte le ore del giorno e della notte. Passioni queste ereditate dal padre, che lui aveva continuato a coltivare. Ha scritto per la guida dell’Espresso e per “Civiltà del bere”, la prestigiosa rivista italiana di vino e cultura gastronomica fondata nel 1974 a Milano dal triestino Pino Khail, che Baldovino descriveva come colui che «ha guidato con la penna e con le sue iniziative editoriali il Rinascimento dell’enologia italiana. Lo ricordo anche per quanto gli devo nell’avermi accolto, fino alla mia forzata rinuncia, in Civiltà del bere…».
Ulcigrai si occupò anche delle istituzioni della nostra professione: negli anni ’80 fu segretario dell’Ordine dei giornalisti, e, in seguito, dell’Assostampa e del Circolo della Stampa, Carlo Muscatello e Cristiano Degano lo ricordano sempre attento a sostenere le battaglie per un’informazione indipendente, corretta e responsabile. Lo piangono la moglie Mariarita e la figlia Corinna con Alex e i nipoti Victor e Maxim. I funerali si svolgeranno venerdì 31 gennaio alle 11 al cimitero di Sant’Anna.
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