Acquisto dell’ospedale di Gorizia: definitivo dietrofront dell’Ateneo sloveno

Il prorettore Bratina: «Non abbiamo i soldi necessari» Rilanciato il progetto dell’Università europea con fondi Gect

L’Università di Nova Gorica non acquisterà l’ex sede dell’ospedale civile di via Vittorio Veneto. Si chiude, dunque, in maniera pressoché definitiva la telenovela iniziata nell’aprile scorso, quando il direttore generale dell’Ass isontina Marco Bertoli parlò di «trattative piuttosto svanzate» per la cessione del nosocomio. Un’ipotesi, peraltro, quasi istantaneamente smentita dal sindaco Ettore Romoli («Non mi risulta ci sia una simile prospettiva»).

Il chiarimento

dell’Ateneo

Per fare chiarezza abbiamo interpellato il rettore Danilo Zavrtanik, il quale ha dato mandato al professor Gvido Bratina, prorettore, di fare il punto della situazione. Che, di fatto, suona come un de profundis. «L’Università di Nova Gorica, da sola, non può acquistare l’ex ospedale di Gorizia, ma si impegnerà affiché, attraverso il Gect, si possa arrivare all’istituzione dell’Università europea che potrebbe avere sede in questo luogo bellissimo e storicamente importante. Così la presenza universitaria a Gorizia si rinforzerà, avrà una nuova spinta e acquisirà fama internazionale».

Affermazioni che fanno il paio con quelle rilasciate dallo stesso Zavrtanik in margine alla consegna dei locali di palazzo Alvarez al Dams sloveno. «Se fossimo così ricchi – le sue parole – sarebbe veramente una bella cosa. Non stiamo pensando di acquistare la struttura di via Vittorio Veneto, perché non abbiamo la disponibilità finanziaria. Ci sono stati, certamente, dei contatti. Per noi l’area dell’ospedale dismesso potrebbe essere una delle possibili location per il campus universitario. Ma resta una soluzione di lungo periodo, perché prima dovremmo trovare i finanziamenti».

E ci vorrebbero parecchi soldi visto l’immobile a croce di Lorena costa 11.950.000 euro, come quantificato dall’Agenzia del territorio.

Il “giallo”

della cessione

I vertici dell’Ass isontina, anche nel settembre scorso, manifestarono grande ottimismo riguardo al buon esito della trattativa. «I rappresentanti dell’Università slovena si sono detti praticamente certi di riuscire a ricavare la cifra necessaria dai fondi europei legati al Gect. Eventualità - disse allora il direttore Bertoli - che si sposa perfettamente con i progetti portati avanti dal sindaco Romoli». Immediata fu la reazione del primo cittadino. E non lo fece per complimentarsi per l’affare quasi raggiunto: il suo resoconto fu di tutt’altra natura e, di fatto, smentì in larga parte le parole dei vertici dell’Azienda sanitaria isontina. «Per quanto a mia conoscenza, la notizia è completamente priva di qualsiasi fondamento - tagliò corto il sindaco di Gorizia -. L’Università di Nova Gorica non dispone di fondi ma ipotizza, non so in base a che tipo di accordo, che gli stessi possano essere erogati dal Gect».

Le alternative

per il riutilizzo

Come riutilizzare allora l’area del vecchio ospedale? Demolendo l’edificio principale. Per ora, è tutto (soltanto) sulla carta. Ci riferiamo all’ambizioso e spettacolare progetto che ha vinto il concorso di idee “Spazio giovani alla frontiera” e che “disegna” il futuro dell’area dell’ex ospedale civile di via Vittorio Veneto. Lo studio Mod.Land (che si è aggiudicato il concorso di idee) prevede la riqualificazione dell’area da 170mila metri quadrati attraverso l’eliminazione dello storico edificio con pianta a croce di lorena. Recuperare la palazzina dell’ex Civile costerebbe molto di più che abbatterlo: il progetto è stato realizzato da Moira Morsut insieme a Ramon Pascolat, Enrico Smareglia, Giovanni Vragnaz, Isabella Monreale e Katja Hojs. «Il mantenimento delle due palazzine su via Vittorio Veneto e l’inserimento di altri quattro edifici-padiglioni ricostruire il margine stradale - si legge nella bozza progettuale - e, contemporaneamente, permette l’accesso e la percezione del parco retrostante. La demolizione del corpo ospedaliero principale rende possibile, poi, la continuità con il parco Basaglia».

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