Accordo in extremis sui Balcani a Bruxelles

L'intesa nella notte e operativa da subito: saranno creati 100mila posti di accoglienza di cui 50mila in Grecia e gli altri nei Paesi lungo i Balcani. Chi non verrà registrato non avrà nessun diritto. Juncker: "Ha prevalso lo spirito europeo". Scambi di accuse tra Croazia e Slovenia
Una bimba profuga mentre aspetta al valico tra Croazia e Slovenia (da delo.si)
Una bimba profuga mentre aspetta al valico tra Croazia e Slovenia (da delo.si)

TRIESTE Primo passo avanti nel tentativo di rallentare e gestire l'esodo finora incontrollato dei migranti in marcia verso l'Europa lungo la rotta balcanica. Dopo un avvio teso delle discussioni con Croazia, Slovenia, Ungheria e Bulgaria e un forte pessimismo a metà del minivertice sulla capacità di arrivare a un risultato, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker è riuscito a strappare in extremis un accordo in 17 punti operativo da subito.

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I profughi in Slovenia sono saliti a oltre 60mila nel giro di una settimana (foto Igor Zaplatil dal sito delo.si)

Principi chiave: la registrazione dei migranti che altrimenti non avranno diritti e la creazione di 100mila posti di accoglienza, di cui 50mila in Grecia e altri 50mila nei Paesi lungo i Balcani. «Ora bisogna mettere in pratica questi impegni», perché «in Europa i problemi degli uni sono i problemi degli altri», ha ammonito
Juncker, sollevato che alla fine «lo spirito europeo» sia prevalso.

Perché, ha tuonato, è «inaccettabile che nel 2015 le gente sia lasciata dormire nei campi e attraversare fiumi con l'acqua sino al petto in temperature glaciali». I punti operativi del piano prevedono innanzitutto l'assistenza per i migranti: riparo, acqua, cibo, assistenza sanitaria. Gli Stati avranno il sostegno dell'Unhcr e se necessario del meccanismo europeo di protezione civile.

Poi la gestione dei flussi: per prima cosa, da domani i Paesi dovranno scambiarsi quotidianamente le informazioni su chi entra ed esce, mentre saranno creati 100mila nuovi posti di accoglienza sempre con il sostegno Ue e Onu, mentre interverranno poi anche Bei e Berd.

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«Il ricollocamento dei rifugiati in tutti gli Stati membri è un dovere, ma perché questo sia possibile infrastrutture di accoglienza devono essere messe in piedi dove ci sono gli hotspot», ha affermato l'Alto commissario Onu ai rifugiati Antonio Guterres. Nessun Paese potrà quindi più scaricare in massa i migranti alle frontiere dei vicini senza prima il loro accordo, mentre questi dovranno essere registrati. «Senza registrazione, nessun diritto», ha messo in chiaro Juncker.

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La mappa della Slovenia con la rotta dei migranti: le frecce più grandi indicano i punti d'ingresso dalla Croazia e di uscita in Austria del flusso di disperati e i centri di raccolta di Brezice (vicino a Dobova, punto d'imbarco sui convogli ferroviari) e Sentilj. La freccia più piccola indica Celje da dove transitano i treni speciali diretti al confine austriaco

Poi il rimpatrio di chi non ha diritto alla protezione internazionale. E infine un maggior controllo delle frontiere esterne: Frontex verrà rafforzato nella missione Poseidon nell'Egeo, al confine tra Turchia e Bulgaria, a quello tra Grecia, Albania e Macedonia per la registrazione dei migranti e così anche tra Croazia e Serbia, mentre la Slovenia entro una settimana dispiegherà, tramite cooperazione bilaterale, 400 agenti di polizia. Ogni settimana la Commissione monitorerà l'applicazione delle misure.

«Oggi abbiamo fatto la posa della prima pietra dell'edificio, ora dobbiamo fare ulteriori passi in avanti», ha detto soddisfatta la cancelliera Angela Merkel al termine del summit sui Balcani, convocato da Juncker su sua spinta. «Certo è solo un contributo e non la soluzione del problema migratorio» ma almeno garantisce che i rifugiati abbiano «condizioni umane».

La Slovenia aveva avvertito all'inizio della riunione che senza un'intesa sarebbe stato «l'inizio della fine dell'Unione europea». «D'ora in poi sarà di fondamentale importanza rispettare gli impegni presi, che sono un importante passo in avanti» ha affermato il premier sloveno Miro Cerar al termine del minivertice. Cerar ha espresso la «speranza che gli impegni vengano mantenuti dalla Croazia» con la quale la Slovenia nelle ultime settimane ha avuto molti screzi diplomatici sulla questione. «Se questo non succedesse - ha chiarito ancora Cerar - la Slovenia sarà obbligata a prendere provvedimenti per tutelare la propria sicurezza e i propri interessi».

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Intanto, due gruppi di migranti hanno attraversato stamani il confine tra Croazia e Slovenia, mentre un terzo è arrivato al confine. Poco dopo mezzanotte la polizia slovena ha accolto a Rigonce un gruppo di circa 1.500 profughi, a cui è seguito un altro gruppo di 1.250 persone verso le 6 del mattino.

Un ultimo gruppo di 1.400 migranti si appresta ad oltrepassare il confine. Nello scorso fine settimana avrebbero oltrepassato il confine con la Slovenia ben 25 mila profughi, secondo fonti del ministero degli Interni citato dall'agenzia Sta. L'ondata migratoria iniziata sabato 17 ottobre ha finora visto più di 80mila profughi attraversare il confine sloveno.

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Tutti i Paesi si erano accusati tra di loro: prima lo show del premier ungherese Viktor Orban, che aveva chiesto di seguire il «buon esempio» di Budapest e chiudere i confini, poi lo scambio di accuse tra Croazia e Slovenia, in una guerra di cifre record di arrivi con 11.500 in un giorno nella prima e di oltre 66mila in una settimana nella seconda. E mentre tutti avevano puntato il dito sulla Grecia, questa a sua volta aveva scaricato il barile su Turchia e Commissione, quest'ultima colpevole di non avere invitato Ankara alla riunione.

In mare intanto si continua a morire. Una donna e due bambini di 2 e 7 anni sono annegati nelle acque davanti all'isola di Lesbo dopo il naufragio del barcone che li trasportava: altri 7 migranti risultano dispersi. Mentre ieri sera i cadaveri di 40 migranti sono stati ritrovati sulle coste libiche. Anche qui, almeno altri 30 profughi che si trovavano sul barcone affondato risultano dispersi.

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