Accoglienza diffusa a Trieste: a vuoto pure il secondo bando
TRIESTE Trema l’accoglienza diffusa a Trieste. Il bando per l’affidamento di 500 posti in piccoli centri collettivi, scaduto il 1° luglio, è andato deserto: né il Consorzio italiano di solidarietà (Ics) né Caritas né altri si sono presentati. Si tratta della seconda gara per la gestione dell’accoglienza che nel giro di pochi giorni rimane senza vincitori, nel capoluogo regionale.
In entrambi i casi il motivo è l’abbassamento dei costi del servizio decretato dal Viminale, evidentemente giudicato insostenibile dagli enti cittadini che operano nel sociale. I posti in bilico sono pertanto mille in tutto, per adesso. Un terzo bando, che sarà emesso in settimana dalla Prefettura, riguarderà Casa Malala, la struttura di Fernetti capace di ospitare un centinaio di persone.
Tornando alla gara appena andata deserta, il commissario di governo, Valerio Valenti, fa sapere che in base al codice degli appalti la Prefettura ora cercherà delle ditte capaci di gestire il settore ai nuovi prezzi (21,35 euro giornalieri per l’amministrazione globale di ogni richiedente protezione internazionale, stipendi degli operatori compresi) fissati dal capitolato del Ministero dell’Interno.
Tali ditte potrebbero essere individuate anche in altre province o regioni italiane. Se l’operazione non andasse in porto, allora si verificherebbe nuovamente la disponibilità di Ics e Caritas. A giugno Ics ha già presentato al Tar del Lazio un ricorso contro il capitolato ministeriale.
Aggiunge ora il presidente della onlus, Gianfranco Schiavone: «Era inutile fare un secondo ricorso. La sostanza è invariata: ecco perché stavolta semplicemente non ci siamo presentati. Si tratta di una non-partecipazione tecnica. Rimaniamo aperti al confronto con la Prefettura - conclude - e auspichiamo una trattativa negoziata ma non siamo disponibili ad abbassamenti drastici nella qualità del servizio».
Schiavone ritiene possibile uno scenario in cui Ics debba chiudere “baracca”? «In questo momento non mi sento di escluderlo». In quel caso a Trieste andrebbero persi più di 200 posti di lavoro.
L’intero quadro è coerente con quanto va accadendo in tutta Italia. Secondo una nota diramata dalla Cgil, a livello nazionale gli esuberi in tal senso ad aprile erano già 5 mila, ma potrebbero salire a 18 mila in totale. Nel frattempo i bandi per l’accoglienza stanno andando a vuoto o deserti da Nord a Sud, per le stesse ragioni descritte a proposito di Trieste. È già successo in Val d’Aosta, a Reggio Emilia, Piacenza, Terni. —
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