Accoglienza dei migranti: gli operatori dell’Ics “aggrappati” al governo

Gli 82 lavoratori in bilico confidano nel nuovo esecutivo che potrebbe cancellare i decreti targati Salvini e i tagli al sistema. Continua il confronto con la Prefettura
Lasorte Trieste 07/08/19 - Piazza Unità , Presidio Laoratori Accoglienza
Lasorte Trieste 07/08/19 - Piazza Unità , Presidio Laoratori Accoglienza

TRIESTE Con la pausa agostana ormai alle spalle, oggi riparte il confronto tra sindacati e Consorzio italiano di solidarietà (Ics) sugli 82 posti di lavoro a rischio nell’accoglienza a Trieste. La crisi dell’esecutivo nel frattempo sopravvenuta potrebbe tuttavia rimescolare le carte a proposito della gestione del settore, anche a livello locale. Uno dei temi al vaglio dei partiti è infatti il superamento della legge Sicurezza voluta da Matteo Salvini, che tra le altre cose ha determinato una riduzione dei costi dell’accoglienza e conseguenti licenziamenti in tutta la penisola. Ecco il quadro della situazione a oggi, per quanto riguarda nello specifico il capoluogo del Friuli Venezia Giulia.

I POSTI A RISCHIO

Stando alla procedura di licenziamento collettivo siglata dall’Ics il 19 luglio, i posti di lavoro in bilico in questo momento sono appunto 82. Prima di Ferragosto Regione e sindacati avevano chiesto al consorzio di sospendere tale procedura, in attesa dell’evoluzione dell’affidamento della gestione dell’accoglienza diffusa in città, che è un’altra delle questioni aperte in questo momento. Finora la richiesta non ha avuto seguito e i posti di lavoro a rischio rimangono pertanto tali. Per quanto riguarda l’appalto dell’accoglienza, il commissario di governo Valerio Valenti fa sapere che «è aperta l’interlocuzione con Ics e Caritas (l’altro attuale gestore in regime di proroga, ndr). L’obiettivo, come noto, è arrivare a una riduzione dell’importo per il servizio coerente con il capitolato ministeriale. Speriamo di chiudere al più presto». La discussione non ha una data di scadenza nell’immediato, insomma. Esiste ad ogni modo una correlazione tra i temi, poiché i costi che saranno stabiliti per il servizio potrebbero influenzare il numero dei licenziamenti, così come l’esito della partita di Casa Malala.

LA CRISI DI GOVERNO

Nel frattempo è caduto il governo. Nella negoziazione in piedi tra Pd e M5s per la formazione di un nuovo esecutivo rientra anche la volontà, espressa dal partito di centrosinistra e sostenuta dalla Cgil a livello nazionale, di mettere in discussione i due provvedimenti sulla Sicurezza ideati dalla Lega nei 14 mesi precedenti. Se ciò dovesse accadere (il capo politico dei Cinquestelle Luigi Di Maio sembra non gradire), cambierebbe nuovamente il quadro che norma l’accoglienza. Cosa succederebbe in tal caso a Trieste? «È possibile che prossimamente il primo dl Sicurezza sia abrogato o modificato – spiega il presidente dell’Ics Gianfranco Schiavone – e che si torni verso la normativa previgente, che era basata sullo Sprar e sui famosi 35 euro al giorno. È altrettanto possibile che nel frattempo avremo adottato un sistema di accoglienza basato sui capitolati ministeriali prodotti all’epoca di Salvini titolare del Viminale. Bisognerebbe allora chiedere al nuovo governo come regolarsi in sede amministrativa. Un quadro estremamente complesso». «Vedremo – commenta dal canto suo il prefetto –. Come amministratore mi aspetto che tutto ciò non accada di punto in bianco. Intanto applico le leggi, nel solco della direzione segnata finora».

LE RICHIESTE SINDACALI

Proprio per discutere della complessità appena descritta e fare il punto della situazione oggi le rappresentanze locali di Usb, Usi e Cgil Fp incontreranno i vertici dell’Ics. Domani tocca invece ai dipendenti riunirsi in assemblea. «Lo scenario più auspicabile – afferma Sasha Colautti dell’Usb – è che per ora la Prefettura mantenga l’accoglienza in regime di proroga (quindi con i costi di gestione precedenti al dl Sicurezza, ndr), in attesa di capire che cosa succederà a livello di governo centrale». Di recente i sindacati avevano pure chiesto di aprire un tavolo di confronto con il Ministero dello Sviluppo economico (leggasi il dicastero di Di Maio), dal momento che imputano la crisi occupazionale dell’Ics a quello dell’Interno (leggasi Salvini). Subito dopo è successo il patatrac nell’esecutivo. «Continuiamo a voler portare la discussione a Roma – conclude Colautti –. La nostra impostazione rimane invariata, anche per il resto: intendiamo valutare i passaggi che l’Ics sta facendo con la Prefettura e chiedere un incontro con il presidente della Regione Fedriga». —


 

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