A2A, addio alla centrale di Monfalcone: «Pronti 500 milioni per la riconversione»
MONFALCONE Un investimento di 500 milioni di euro che porterebbe alla dismissione della centrale a carbone di Monfalcone per un nuovo impianto a gas a impatto ridotto, la condizione è il superamento delle contrapposizioni politiche. Il presidente di A2A Giovanni Valotti a margine del convegno dedicato alla crescita economica del Friuli Venezia Giulia organizzato dalla multiutility, in collaborazione con Confindustria Venezia Giulia, lancia un messaggio chiaro.
Nel corso dell’incontro l’amministratore delegato di A2A Valerio Camerano aveva presentato gli investimenti dedicati alla regione dove oltre alla centrale di Monfalcone ci sono i due impianti idroelettrici di Ampezzo e Somplago che nella volontà di A2A verranno rinnovati e serviranno a garantire la fornitura di elettricità alla rete in caso di blackout. L’interesse è però concentrato su Monfalcone: «Entro qualche settimana - ha spiegato Camerano - presenteremo il nostro progetto che prevede la creazione di un impianto Ccgt (Combined cycle gas turbine, ndr) con l’azzeramento di polveri e ossidi di zolfo. A questo vogliamo affiancare anche lo sviluppo di un impianto fotovoltaico ad alto consumo, l’installazione di compensatori che consentono di regolare la tensione della rete e uno sviluppo dell’area retroportuale sostenibile».
Le tempistiche dunque iniziano ad essere chiare, A2A presenterà il progetto nelle prossime settimane, Comune e Regione dovranno poi dare il parere e nel caso di via libera ci vorranno dai 24 ai 30 mesi per arrivare al nuovo impianto. La dismissione del carbone era prevista entro il 2025. Il presidente della Regione Massimiliano Fedriga nel suo intervento di saluto non ha nascosto l’interesse dell’ente «entro la primavera del prossimo anno dobbiamo chiudere la partita». Se la tempistica dovesse quindi essere rispettata il taglio del nastro potrebbe arrivare con due anni di anticipo rispetto al 2025 con l’obiettivo, come ha sottolineato l’assessore regionale all’Ambiente Fabio Scoccimarro di «lasciare alle future generazioni un ambiente pulito: una frase che non deve essere solo un motto». Valotti in ogni caso apre anche a possibili scenari alternativi: «Bisogna superare le contrapposizioni guardando nel merito le proposte per questo non escludiamo alternative». Nel dettaglio ci potrebbe essere la chiusura dell’impianto con 150 lavoratori diretti e altrettanti dell’indotto che perderebbe il posto di lavoro oltre al problema ambientale.
Il secondo è legato alla necessità di Terna che potrebbe chiedere che l’impianto resti operativo a carbone. «Infine la terza ipotesi che noi - ha aggiunto Valotti - auspichiamoe prevede l’investimento di 500 milioni di euro, non di soldi pubblici, e la riqualificazione dell’impianto con il superamento del carbone, le tutele ambientali e le garanzie occupazionali». Sul fronte del consumo del fossile Luigi Michi Responsabile strategia e sviluppo di Terna ha ricordato che «a livello italiano partiamo da una situazione non adeguata per l’eccessivo uso di carbone». Il ministro della Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha mandato un indirizzo di saluto nel quale ha sottolineato come «la riconversione dei nostri sistemi energetici è un processo fondamentale per uscire dal carbone». Infine Sergio Razeto, presidente di Confindustria Vg, ancora una volta ha ricordato la complessità e l’incertezza della situazione economica mondiale: «Serve un rinnovato piano di sviluppo che metta al centro gli investimenti dando vita a una sburocratizzazione del sistema che possa portare a liberare risorse». —
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