«A Zagabria fascismo scambiato per libertà»
ZAGABRIA. Corrispondente dai Balcani per il quotidiano "Le Monde" durante gli anni Novanta ed ex-portavoce del procuratore Carla Del Ponte al Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia (Tpi), Florence Hartmann è reduce da sei giorni di prigione all'Aja.
Il 24 marzo scorso, mentre assisteva alla lettura della sentenza contro Radovan Karadzic, è stata arrestata dalle guardie del Tpi col supporto della polizia olandese. Il motivo à una condanna emessa nel 2009 dallo stesso tribunale e secondo la quale Hartmann ha «ostacolato il corso della giustizia», rivelando nei suoi libri alcune decisioni confidenziali della corte.
Florence Hartmann, com'è stato ritrovarsi in prigione all'Aia, in quella stessa struttura che ospita dei criminali di guerra del calibro di Ratko Mladic?
Lo racconto sorridendo, ma non è stato per niente divertente. La privazione di libertà è la punizione più radicale possibile e in una democrazia, dove la libertà di espressione dovrebbe essere protetta, questa punizione non colpisce i giornalisti per quello che scrivono. Quello che mi è successo ha dunque dell'incredibile: la sospensione della sicurezza. Mi sono sentita come quando non ci sono più diritti.
Se lo aspettava, quest'arresto, andando all'Aja? Dato che la multa da 7mila euro, sancita nel 2009, era stata convertita nel 2011 in una condanna a sette giorni di reclusione?
No, non me l'aspettavo perché c'era una prassi contraria: la Francia non mi arrestava, i Paesi Bassi non mi arrestavano e, siccome il tribunale non può di per sé arrestare nessuno, era necessario che ci fosse un paese europeo disposto a violare gli articoli 6 e 10 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo (rispettivamente sul diritto ad un processo equo e sulla libertà di espressione, ndr.). Insomma, chi avesse deciso di eseguire gli ordini del Tpi si sarebbe di fatto addossato le violazioni commesse dal tribunale e, proprio per questo, nessuno stato ha mai pensato ad arrestarmi.
Per sei giorni, lo racconta lei stessa, è stata tenuta in uno stato di completo isolamento, privata del diritto di camminare all'esterno e autorizzata a prendere l'aria soltanto in una gabbia. Perché?
Perché siamo finiti in una zona di non-diritto. È stato lo stesso presidente del Tpi Theodor Meron a spiegarmi in una lettera le condizioni di detenzione. Da un lato, scrive che in quanto donna dovevo essere tenuta separata dagli uomini, facendomi credere che le misure servano a proteggermi, dall'altro, mi si dice in quanto scrittrice e persona che parla il serbo-croato potrei fare da tramite ai prigionieri e far trapelare delle informazioni al di fuori del tribunale. Insomma, mi si tratta da amica, da confidente dei criminali di guerra! Un'assurdità.
È di passaggio a Zagabria in un momento delicato per il paese. Il nuovo governo croato è criticato da più parti per le sue posizioni liberticide, revisioniste e al limite dell'antisemitismo. Cosa sta succedendo?
La Croazia è uscita da un sistema monopartitico per entrare direttamente nella guerra e per ritrovarsi poi sotto Tudjman in un altro sistema monopartitico. Ci sono dunque delle questione storiche che non sono state risolte e oggi si finisce col condannare il regime comunista celebrando la dittatura fascista, invece che la democrazia. Ma il problema è il contesto generale.
Una crisi europea?
Sì, l'Europa è attraversata da una fascia adriatico-baltica nera e la Croazia si è soltanto aggiunta a questo fronte. Il governo di Zagabria si permette questo passo, perché l'Europa non ha detto nulla a Budapest ad esempio, mentre quando Jörg Haider era stato eletto in Austria, la condanna era stata quasi unanime. È l'Europa ad essersi persa e a doversi ritrovare, attorno ai suoi valori.
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