A Villesse il ricordo di Viviana: malata di Sla, scelse la sedazione
VILLESSE. «È stato un percorso lungo e difficile. Ma bellissimo. E, se ci verrà chiesto, siamo disponibili a raccontarlo: perché la strada tracciata da Viviana può essere utile a molte persone sofferenti». Un anno esatto – proprio oggi – è trascorso dall’ultimo volo di Viviana Posar, la donna villessina malata di Sla che aveva scelto di morire dolcemente. Sedazione palliativa profonda, in termini medici; la “via italiana”, nel gergo improprio della (poca) politica che si occupa del fine vita senza preconcetti; certo non eutanasia, come la definisce chi – legittimamente – si attesta su altre posizioni su un tema così delicato.
La sedazione palliativa continua profonda non provoca la morte del paziente. Ha il solo scopo di ridurre o abolire la percezione del dolore provato. Quel che è certo è che 12 mesi dopo, il marito Alfonso Villani e le figlie Michela e Francesca raccontano quei momenti con la stessa, disarmante serenità.
Il corpo di Viviana, già impiegata al settore Cultura del Comune di Monfalcone, residente a Villesse ma originaria di Staranzano, negli ultimi anni era diventato una prigione che dapprima ne ha limitato la mobilità, lentamente e subdolamente, per poi inchiodarla a letto per alcuni anni.
Tutto ha inizio nel 2012, quando arriva la diagnosi: sclerosi laterale amiotrofica. Una sentenza che Viviana, innamorata della vita, accetta con coraggio e determinazione. «La vita è cambiata, ma non il suo approccio positivo alle cose. Ha continuato a fare le cose di prima finché ha potuto, e ha continuato a sorridere ed esortarci a farlo quando è rimasta allettata. Di certo – racconta Alfonso – non ha mai odiato la vita per ciò che le aveva riservato». È questo che Viviana ha trasmesso ai suoi cari, nel corso degli otto anni di battaglia contro un mostro più forte. Ha trovato quella forza calma di adattarsi, di apprezzare la semplicità delle cose quotidiane, delle relazioni. Ma come ha amato la vita e ha accettato la malattia, col medesimo coraggio ha affrontato anche la morte.
«Quando la malattia, all’ottavo anno, ha colpito le funzioni vitali indebolendo muscoli essenziali come il diaframma – spiega Alfonso – Viviana ha capito che stava iniziando l’ultimo tratto di cammino. È lì che ha maturato la sua scelta e ce l’ha comunicata: non voleva più vivere in quelle condizioni, ma non voleva soffrire». Al varco l’avrebbe attesa, inevitabilmente, una crisi respiratoria: «Morire soffocata, ciò che temeva di più. A quel punto nel cuore abbiamo fatto spazio al suo desiderio, quello di poter andarsene senza trapassare nel dolore, nell’agonia e nella sofferenza. Abbiamo compreso che sarebbe stato possibile, legalmente. E questa consapevolezza è stata un sollievo».
Decisivi sono stati l’umanità e i consigli della dottoressa Maria Teresa Zarbo, che ha seguito Viviana in tutto il suo cammino. Ha garantito lei che questa scelta fosse ascoltata e rispettata. La donna ha disposto le sue volontà nel 2014, nel testamento biologico firmato congiuntamente al marito e alle figlie. Rinnovato nel 2019, è stato depositato al Distretto sanitario di Cormons. Il testamento ha espresso la contrarietà all’accanimento delle cure: in particolare, il rifiuto alla tracheotomia.
La sera prima dell’ultimo volo la donna ha radunato la famiglia in salotto: pensieri, ricordi, lacrime dolci e teneri abbracci. La mattina seguente ha voluto essere preparata col vestito più bello per attendere l’équipe di medici e infermiere dell’allora Aas 2 Bassa Friulana Isontina per la dose di sedazione. Prima di andarsene sorridendo ha ascoltato la sua canzone preferita (“Halleluja”, interpretata da Elisa), si è confessata con un sacerdote. «State insieme, io finalmente sono libera», le sue ultime parole. Poi Viviana si è addormentata, spegnendosi il giorno seguente.
«Oggi mi manca tantissimo raccontarle cosa ho fatto durante la giornata – aggiunge Alfonso –. E mi manca la forza che sapeva trasmetterci. Ma è sempre qui con noi, in ogni pensiero, in ogni oggetto. L’altro giorno, smontando il presepe, ho visto una bellissima stella cadente. Ho ingenuamente espresso il desiderio di rivedere mia moglie. Qualche sera dopo l’ho sognata: eravamo tutti insieme».
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