A Trieste tassazione record sui capannoni
TRIESTE Imu e Tasi a carico degli immobili produttivi: un mix fiscale micidiale per le imprese. Soprattutto in provincia di Trieste. La media della tassazione su capannoni e laboratori nel capoluogo regionale e nei piccoli comuni contermini è la più alta in Italia. La denuncia, corredata dai dati che vedono la provincia triestina in controtendenza rispetto al resto del Friuli Venezia Giulia, è di Confartigianato nazionale.
Il confronto con gli altri territori regionali è impietoso. Nell’elaborazione dell’Ufficio studi dell’associazione su dati Istat e ItWorking, la somma di Imu e Tasi che grava sugli immobili produttivi vede Trieste, con un’aliquota del 10,99 per mille (oltre un punto sopra la media italiana del 9,97), al primo posto, mentre Pordenone (8,83) è centunesima, Gorizia (8,69) centotreesima e Udine (8,27) centocinquesima.
Differenze non da poco. Da una parte una tassazione quasi sopportabile, dall’altra immobili produttivi necessari a fare impresa colpiti dal fisco come fossero seconde case, se non beni di lusso. Dopo Trieste capita agli imprenditori di Lucca (10,57 per mille), a quelli di Terni (10,54), Rieti (10,45) e Siena (10,43). Al capo opposto della classifica il fisco è più clemente con i colleghi di Aosta, che su laboratori e capannoni pagano l’aliquota più bassa: 8,16 per mille. Li seguono a breve distanza gli imprenditori dell’Ogliastra (8,19) e di Oristano (8,25). Subito dopo si piazzano le altre tre province Fvg.
Quella che emerge dall’indagine di Confartigianato, in vista della scadenza dei pagamenti del 16 giugno, è una giungla di aliquote su capannoni, laboratori, strumenti di lavoro. A livello regionale le più penalizzate sono le aziende dell’Umbria che, tra Imu e Tasi, si vedono applicare un’aliquota media del 10,34 per mille. Il trattamento migliore va invece alle imprese della Val d’Aosta che pagano l’8,16 per mille. Al primato negativo umbro si affiancano quello della Campania, dove le aliquote di Imu e Tasi pesano per il 10,19 per mille, e della Sicilia (10,16). Decisamente più conveniente possedere un capannone, oltre che in Valle d’Aosta, anche in Friuli Venezia Giulia (8,97 per mille, Trieste è all’insù, ma le altre province contribuiscono ad abbassare la media regionale), in Sardegna (9,05), Veneto (9,64) ed Emilia Romagna (9,90).
Nonostante le differenti aliquote, un po’ in tutta Italia il fisco colpisce comunque pesantemente gli immobili d’impresa: secondo l’analisi di Confartigianato il 24,1% dei Comuni applica una tassazione alta con aliquote medie superiori o uguali al 10,60 per mille. Nel 40,9% dei Comuni la tassazione è invece medio-alta con aliquote che oscillano tra il 9,10 e il 10,50 per mille. E ancora il 26,2% dei sindaci impone una tassazione medio-bassa (tra il 7,70 e il 9 per mille), mentre soltanto l’8,7 per cento dei Comuni detta aliquote medie inferiori o uguali al 7,60 per mille.
La situazione è andata peggiorando a partire dal 2012. Tra quell’anno e il 2014 la tassazione sugli strumenti di lavoro delle imprese è aumentata del 18,4%, mentre nello stesso biennio le tasse sulle abitazioni principali sono diminuite del 10%. In due anni ciascun imprenditore italiano ha subito un aumento di 138 euro della pressione fiscale sugli immobili produttivi. Complessivamente, inoltre, il passaggio dall’Ici all’Imu e quindi alla Tasi tra il 2011 e il 2014 ha fatto lievitare del 153,5% il prelievo sugli immobili sino a toccare quota 24,96 miliardi (contro 9,85). Per le famiglie tutto ciò si è tradotto in un aumento medio di 616 euro, importo di poco inferiore alla spesa media annua delle famiglie italiane per alberghi, pensioni, e viaggi organizzati (641 euro).
«Su laboratori, macchinari, capannoni - sottolinea Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato - si concentra un prelievo fiscale sempre più forte, aggravato dalle complicazioni derivanti dalle profonde differenze delle aliquote. È assurdo tassare gli immobili produttivi delle imprese come fossero seconde case o beni di lusso. Come si può essere competitivi con una zavorra tanto pesante sulle spalle? Che fine ha fatto l’annunciata riforma della tassazione immobiliare all’insegna della semplificazione e della riduzione delle aliquote?».
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