A Trieste quella torre dei pallini quasi invisibile resiste in mezzo alla cintura di edifici
In via San Francesco il manufatto alto 45 metri costruito nel 1839 in un’area convertita alla produzione di pallottole: è il più antico manufatto di archeologia industriale triestina
Giungendo dall’alto di via Francesco d’Assisi, è possibile scorgere la cima di una torre medievaleggiante che affiora dall’alto del comprensorio di Insiel. La torre poi scompare alla vista discendendo verso via Carducci, ma si ripresenta aggirandosi tra le fronde del Giardino pubblico. Quest’elusiva torre, il cui basamento è visibile costeggiando il quadrilatero moderno di Insiel, rappresentava secondo lo storico Diego de Henriquez il più antico manufatto di archeologia industriale triestina.
La produzione
Il novarese Dioniggi Ciana, infatti, scelse nel 1806 di costruire in quell’area una fabbrica dedicata alla produzione di stagni di latta e candele di cera. Quaranta operai impiegati e, due anni più tardi, il passaggio alla produzione col piombo. Ci si limitava però ancora ad oggetti di peltro.
Il figlio Giuseppe, nel 1839, convertì la fabbrica alla produzione di pallottole per la caccia: risale infatti a quell’anno la costruzione della torre ad opera del regio perito Angelo Toniutti.
La procedura
La procedura prevedeva la colatura di piombo fuso mescolato all’arsenico dall’interno della torre: il materiale “piombava” a terra attraverso una piastra forata, raffreddandosi in una vasca d’acqua. Il rozzo sistema passò poi nel 1846 ad Angelo Coen Ara che, modernizzando l’impianto, inserì lo stemma dell’aquila bicipite sul portone le spedizioni e infine nel 1866 alla società tedesca per azioni Heffen.
Nonostante la torre fosse ormai sorpassata la fabbrica produceva un po’ di tutto nell’ambito dei prodotti di ferro: dai tubi alle casseforti. Lo stabilimento fu rilevato nel primo dopoguerra dalla Società Adriatica Ferramenta e Metalli di Venezia e nel secondo dapprima dalla Safem di Padova e poi dalla Edilzini.
La tutela della Soprintendenza
La torre, il 19 settembre 1972, fu tra i primi edifici di archeologia industriale di Trieste ad essere tutelato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti; ed è in tal senso un’amara ironia come sia invisibile allo sguardo dei passanti, nonostante una certa affezione da parte dei dipendenti di Insiel e di chi ci abita in quel quadrilatero, verso il manufatto.
Le caratteristiche
Alta 45 metri, la torre presenta un basamento quadrato dal quale si eleva un primo blocco, separato dal secondo tramite una cornice di pietra. La forma tubolare della torre, costruita con conci di arenaria, termina con un terrazzino con cornicione, sormontato da una vezzosa ringhiera metallica. Guardando con attenzione è possibile scorgere sul corpo principale alcune finestrelle rettangolari che s’ingrandiscono nella sezione del basamento. L’elemento di maggior pregio è però all’interno: il vincolo apposto nel 1972 menziona quale “perfetto esemplare costruttivo” la “scala elicoidale interna in masselli di pietra” .
Se oggigiorno la torre appare nascosta dalla cintura di edifici degli anni Settanta, nell’Ottocento era invece un importante punto di riferimento, paragonabile a un campanile.
Scambiata per il Faro
Non sorprende allora come molti schizzi e illustrazioni della città spesso confondano la torre dei pallini con il Faro della Lanterna.
L’esempio maggiormente illustre è il pittore romantico William Turner che, in viaggio in Europa nel 1840, ritrasse più volte la città nei suoi schizzi. La collezione, conservata nel Museo d’arte Tate di Londra con la denominazione di “Trieste, Graz e il Danubio”, presenta un curioso ritratto.
C’è infatti uno schizzo, denominato “Trieste, with the Gulf and Lighthouse; an Urban Skyline, Probably at Vienna”, che ritrae la città dall’entroterra. Forse Turner lavorava in una zona corrispondente all’odierna sede dell’Università di Trieste. La prospettiva infatti ritrae l’Acquedotto, oggigiorno viale XX Settembre, e la sagoma d’una torre con le stesse sezioni e finestre della fabbrica dei Ciana.
Oggigiorno la torre che aveva affascinato Turner ha conosciuto un nuovo “tocco di colore” quando, a seguito di lavori di Wind Tre per l’adeguamento dell’impianto radiomobile, è stata aggiunta un’incongrua copertura azzurra che, sebbene in regola con i vincoli, snatura il ruolo ottocentesco della torre. —
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