A Trieste pronto soccorso con 200-300 accessi al giorno: aumenta la carenza di medici

Sono gli stessi numeri della fase pre Covid, con la differenza che oggi l’ospedale non è ancora tornato ai livelli di funzionamento pre Covid
Elisa Coloni
Il pronto soccorso dell'ospedale di Cattinara
Il pronto soccorso dell'ospedale di Cattinara

TRIESTE «La situazione è molto difficile e non si riesce a farla comprendere all’esterno: abbiamo 200-230 accessi giornalieri di media. Sono gli stessi numeri della fase pre Covid, con la differenza che oggi l’ospedale non è ancora tornato ai livelli di funzionamento pre Covid. Quindi il quadro non può che essere critico». Così il direttore del Pronto soccorso di Trieste, Franco Cominotto, che non nasconde le sue preoccupazioni davanti a un quadro affatto semplice e in cui, si sa, le strutture dedicate all’emergenza-urgenza sono sempre quelle in maggiore difficoltà.

Il problema numero uno, per Cominotto, è la carenza di personale, sia perché continuano a esserci assenze legate a motivi di salute degli operatori o alle gravidanze sia perché «sempre meno medici vogliono lavare in Pronto soccorso».

Nello specifico del tema Covid, Cominotto spiega che «i pazienti Covid sono in diminuzione, anche se permangono diversi casi, che vanno isolati e gestiti come da protocollo. Ma il punto è che è cresciuto in modo di nuovo importante l’accesso dei pazienti affetti da altre patologie o con altri problemi. Di fatto è ripreso l’assalto al Pronto soccorso, come accadeva prima della pandemia: le persone non hanno più paura di venire qui e tornano a chiedere aiuto a questa struttura piuttosto che scegliere altre strade di cura, come era avvenuto durante la pandemia».

Oltre a questo, c’è il tema del personale carente a prescindere dal Covid, tema nazionale, non solo locale. «Ci sono pochi sanitari che vogliono lavorare in Pronto soccorso. Noi oggi siamo in 26 medici e una settantina di infermieri. Probabilmente di medici ora ne assumeremo qualcuno con concorso, ma ne servirebbero molti di più per rispondere alle esigenze delle persone. Forse dieci, quindi anni fa era diverso, ma adesso sicuramente nessuno vuole lavorare qui: ci sono turni e ritmi difficili, si lavora di notte, c’è molta pressione. E non è un problema che si risolverà facilmente».

Sulla questione del Pronto soccorso il direttore generale di Asugi Antonio Poggiana spiega che «c’è un concorso in atto, le candidature presentate sono cinque, insufficienti rispetto al fabbisogno, che è almeno di 7-8 unità. Quindi, qualora anche tutti i candidati risultassero idonei, non avremmo comunque coperto l’intero fabbisogno». Come si copre l’intero fabbisogno? «Con turni aggiuntivi e con attività straordinarie, perché i Ps non si possono chiudere – precisa Poggiana -. Occorrerà una strategia di più lunga durata con una visione diversa. Non dimentichiamo che molti accessi al Ps sono bianchi e verdi: noi abbiamo attivato anche strumenti innovativi come la Rau, per la gestione dei codici bianchi e di quelli verdi meno complessi, però ancora non è sufficiente».El. Col.

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