A Trieste l’archeologia subacquea racconta la storia dell’Adriatico

TRIESTE Sarà la “Mille e una notte” dell’Adriatico, un rosario di racconti, un libro aperto con le tante storie di uomini e donne che hanno attraversato con lo sguardo l'Adriatico da una riva o dal ponte di una nave, che lo hanno invocato per placarne le furie o sulle cui acque si sono avventurati alla ricerca di venti propizi, imprese e fortuna. E’ questa l’essenza della mostra "Nel mare dell’intimità", che attraverso la voce narrante dell’archeologia subacquea si propone di raccontare la storia dell’Adriatico dall’antichità ai giorni nostri.
L’esposizione, che da domenica 17 dicembre aprirà le porte al pubblico al Salone degli Incanti, è dedicata alla memoria di Predrag Matvejevic, che nel suo “Breviario Mediterraneo” definisce l’Adriatico proprio come “il mare dell’intimità”. Presentata ieri in conferenza stampa, la mostra è l’esito di progetti di ricerca e di joint ventures dai risultati eccellenti, senza le quali non sarebbe mai stata possibile. Perché al Salone degli Incanti riunirà, per la prima volta nella storia, oltre mille reperti provenienti dai musei di quattro Paesi europei: Italia, Croazia, Slovenia e Montenegro.
«E’ una grande opera corale - sottolinea l’archeologa subacquea Rita Auriemma, curatrice dell’esposizione per conto di Erpac -, che vuole essere il punto di partenza per altre iniziative e progetti, e proporre una riflessione assolutamente necessaria sul futuro del patrimonio sommerso e sull’archeologia subacquea oggi in Italia, per fare in modo, dopo le pionieristiche esperienze del secolo scorso, che non cali definitivamente il sipario su questa disciplina».
La straordinarietà dell’esposizione, sottolinea l’assessore alla cultura Gianni Torrenti, sta proprio nella grande collaborazione riscontrata tra le oltre sessanta istituzioni italiane e internazionali coinvolte nel progetto: «Il frutto di questa cooperazione è un’esposizione di duemila metri quadrati dalla quale il visitatore uscirà con una maggiore consapevolezza del dinamismo dei nostri paesaggi costieri e dei traffici commerciali che li animavano, delle strade liquide dell’Adriatico indispensabili per costruire rapporti tra i popoli e creare una comunità e una cultura fortemente unitaria.
Si tratta di un progetto che non finirà quando la mostra chiuderà i battenti: rimarranno gli investimenti fatti nei restauri, le idee per nuove esposizioni, i protagonisti di nuovi allestimenti nei musei regionali». Sgravarsi dal provincialismo e fare rete è, anche per l’assessore comunale alla cultura Giorgio Rossi, l’unico modo per dare vita a iniziative come queste, che per il Comune sono indispensabili per tenere sempre accese le luci in uno degli spazi espositivi più suggestivi della città. «Le sinergie aiutano, le divisioni costano alla comunità», sottolinea anche Tiziana Benussi, per la Fondazione CRTrieste.
Mentre Luca Caburlotto, Direttore del Polo museale del Fvg, enfatizza le iniziative rese possibili da questo progetto, che consentiranno di dare nuova linfa ai musei della regione: «Sono oltre trecento i pezzi in mostra provenienti dai musei del polo regionale - spiega -. Grazie a questo progetto e alla sua curatrice si è completato il restauro del Navarca di Aquileia, che a fine mostra tornerà al Museo Archeologico Nazionale.Ed è stato inventariato il carico e ricostruita la sezione dello scafo della Iulia Felix, che sarà il fulcro del costituendo Museo di Grado».
L’allestimento, curato dall’architetto Giovanni Panizon, trasformerà Santa Maria del Guato in un fondale sommerso, che sarà lo scenario in cui verranno presentati i macrotemi che compongono l’esposizione, attraversandola temporalmente: lo spazio Adriatico, i porti e gli approdi, Le navi, Le merci, Gli uomini, Le attività, Le guerre, I luoghi sacri, Le migrazioni e La ricerca sotto il mare. Nel cuore del Salone degli Incanti, l’Agorà, troveranno spazio le statue, tra cui anche la splendida copia, arrivata ieri mattina a Trieste, dell’Apoxyomenos, l'opera bronzea nota anche come “l'atleta della Croazia”, rinvenuta nel 1999 a est dell’isola di Lussino a 45 metri di profondità, che ha prestato il suo volto all'immagine guida dell’esposizione.
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