A Trieste la task force “salva Concordia”

In Fincantieri, con un superesperto di Carnival, si studia il recupero dello scafo ferito. Un solo precedente: il “Normandie”
La costa Crociera naufragata , maltempo e mare grosso Oggi 15 gennaio 2012 ANSA/MASSIMO PERCOSSI
La costa Crociera naufragata , maltempo e mare grosso Oggi 15 gennaio 2012 ANSA/MASSIMO PERCOSSI

TRIESTE. A Trieste, in un paio di stanze del Palazzo della Marineria, sede degli uffici tecnici della Fincantieri, un’equipe di ingegneri sta studiando come riportare a galla lo scafo della Costa Concordia. Nell’equipe ha un ruolo preminente Peter Fetten, inviato a Trieste dalla “Carnival Corporation”, la società americana che detiene l’intero pacchetto azionario della Costa Crociere. È un tecnico tedesco, laureatosi ad Amburgo tra il 1976 e il 1979, ed è “specialized in cruise refits and conversions”, specializzato in ristrutturazione e trasformazioni navali.

Per cercare di capire come può essere riportato in linea di galleggiamento uno scafo lungo 290,2 metri, largo 35,5 e con un volume complessivo di 114.500 tonnellate, oltre ad esaminare i piani di costruzione della “Concordia” progettata a Trieste ma realizzata nel cantiere di Genova Sestri, i tecnici stanno simulando al computer varie ipotesi. Mai una nave di queste dimensioni e volume era affondata. L’unico precedente comparabile a quanto accaduto a pochi metri dall’isola del Giglio, risale al febbraio del 1942, quando il transatlantico francese “Normandie”, al termine di un furioso incendio, si capovolse sul fiume Hudson, esattamente tra le banchine 88 e 90 del porto di New York.

Il “Normandie” si adagiò sul fianco sinistro e per riportarlo a galla tecnici, operai, palombari, gru e pontoni lavorarono attorno a lui per un anno e mezzo. Lo scafo era più lungo di quello della Concordia, 313,9 metri, ed era largo 36, ma il volume complessivo superava di poco le 80 mila tonnellate di stazza, contro le 114.500 della Concordia. Quasi 30 mila in più. Attorno alla scafo fu costruito un cantiere di demolizione per smantellare le sovrastruttura del transatlantico diminuendone la massa, o meglio il dislocamento. Il fondale su cui era appoggiato il “Normandie” era fangoso, mentre la Concordia è inclinata paurosamente sulla dritta e trattenuta da due spuntoni di roccia. Quello di poppa non impensierisce i tecnici che stanno lavorando negli uffici triestini della Fincantieri assieme al tecnico inviato dalla Carnival Corporation.

Al contrario preoccupa lo scoglio di prua: lo scafo della Concordia si appoggia su di lui esattamente all’altezza dell’enorme teatro della nave. È un immenso “vuoto” che interrompe per le sue dimensioni tre ponti. In altri termini il teatro rappresenta un punto debole delle struttura e lo spuntone di roccia ha fatto sicuramente molti danni. Non solo alle lamiere dello scafo ma anche alla sua elasticità, all’equilibrio calcolato dai progettististi per navigare nella posizione naturale, fisiologica di tutte le navi. Non per sostenere su un fianco peraltro vuoto per tre interi ponti, l’intera massa della Concordia.

In sintesi i modelli matematici di simulazione, stanno prendendo in esame varie ipotesi: si è deformato lo scafo costretto a giacere in quella posizione anomala? È possibile riportarlo a galla, costruendo al Giglio un cantiere per demolire le sovrastrutture, così come è stato fatto nel 1942 a New York? I tempi per trovare una risposta sono strettissimi perché il 15 marzo è il termine ultimo per presentare i progetti di ricupero. Quante società si faranno avanti, quali saranno le loro proposte? Per poter vagliare le singole offerte, la Carnival non intende lasciare nulla di intentato. Ecco perché da giorni e giorni in un paio di stanze del Palazzo della Marineria, si studia come riportare a galla la nave che fu del comandante Francesco Schettino.

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