A Trieste il consumo di alcol è aumentato durante la pandemia: pazienti in carico su del 10%

La pandemia ha sviluppato il consumo solitario e nuovi canali d’approvvigionamento online e a domicilio specie tra i ragazzi

Andrea Pierini
Udine 9 Ottobre 2009. Manifestazione studentesca. Telefoto copyright Foto Agency Anteprima
Udine 9 Ottobre 2009. Manifestazione studentesca. Telefoto copyright Foto Agency Anteprima

TRIESTE Un incremento del 10% dei pazienti in carico, influenzato dal lungo periodo pandemico, che ha registrato appunto un aumento dell’approvvigionamento di bevande alcoliche attraverso differenti canali. Il quadro che emerge a Trieste dalla Struttura complessa disturbi comportamentali e da sostanze legali del Dipartimento dipendenze dell’Asugi è allarmante.

«Per quanto riguarda il numero di consumatori di sostanze alcoliche a rischio – spiega infatti Gianfranco Bazo, direttore facente funzioni della Sc – il Friuli Venezia Giulia ha dei dati superiori alla media nazionale, come peraltro tutte le regioni del Nordest. In questi ultimi due anni la pandemia, con il conseguente isolamento e le difficoltà sociali, lavorative e familiari, ha facilitato un uso compensatorio e lenitivo delle bevande alcoliche».

Il Covid ha cambiato pure le abitudini del consumo di alcol: «Le limitazioni delle attività e di accesso ai luoghi d’incontro – prosegue lo stesso Bazo – ha favorito un cambio delle modalità nel consumo di alcolici, effettuato così in modo più ritirato e solitario, oppure anche in gruppo, ma in posti comunque meno visibili, e ciò ha riguardato in particolare i più giovani. L’approvvigionamento delle bevande alcoliche, oltre alla grande distribuzione, ha visto emergere canali alternativi, come la vendita online e la consegna a domicilio, eludendo più facilmente il divieto di vendita ai minorenni».

Nel 2021 il Dipartimento di prevenzione ha preso in cura 1.097 persone con problemi alcol-correlati, di cui il 74,5% uomini e il 24,5% donne. I nuovi accessi sono stati 287. L’incremento rispetto al 2020 è stato di circa il 10%. La fascia d’età maggiormente rappresentata è quella tra i 50 ed i 59 anni, con il 27% degli utenti. L’accesso alla Sc è libero, dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13, e la presa in carico viene concordata dopo una cosiddetta “valutazione multidisciplinare”.

Il servizio pubblico, inoltre, collabora con varie associazioni di volontariato – Astra, Hyperion, Alcolisti Anonimi, Acat, Al Anon Familiari – presenti sul territorio giuliano con 25 gruppi d’auto- aiuto che costituiscono un’opportunità di accesso o continuità dei percorsi d’emancipazione dall’alcol-dipendenza, nonché di sensibilizzazione alle problematiche alcol-correlate. «Particolare attenzione – aggiunge il direttore – viene dedicata alla partecipazione ai gruppi terapeutici e al coinvolgimento dei familiari. La Sc di Asugi, inoltre, è anche sede di una Residenza Specialistica Alcologica organizzata secondo i principi di un percorso terapeutico di comunità».

Proprio quello di aprile è il mese della prevenzione alcologica e in questo senso l’appello dei professionisti è di sensibilizzare le persone e le istituzioni in quanto non è facilmente quantificabile l’impatto negativo del consumo di alcol su salute e sicurezza della popolazione. Bazo auspica un cambio nelle abitudini e, soprattutto nei messaggi, «c’è l’esigenza di trovare un bilanciamento tra la tutela della salute e gli interessi commerciali. Bisogna però arrivare a riconoscere i problemi correlati al consumo di alcol come una priorità di salute pubblica attuando misure adeguate a diversi livelli. Oggi l’assunzione di alcolici viene associata nei media a situazioni di successo e socialità che ne inducono il consumo. Bisognerebbe inoltre modificare i messaggi da “bevi responsabilmente o moderatamente” a “meno è meglio, zero è il top”»

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