A Trieste chiude la Saima spedizioni erede di una grande storia

Alle sue origini la Adriatica creata nel 1906 da Leopoldo Popper che Joyce rappresentò nell’”Ulisse”. La sede storica nel palazzo ex Kreditna Banka
BRUNI TRIESTE 20 08 06 PIAZZA OBERDAN
BRUNI TRIESTE 20 08 06 PIAZZA OBERDAN

Chiude, in questo periodo in cui chiudono tante cose, anche una ditta di spedizioni. Ma è ben di più di un’attività, anche se 9 dipendenti dovranno lasciare la città e trasferirsi a Padova, ancora grati che non vi siano licenziamenti. Con la fine della Saima sparisce infatti come portato via dal mare un pezzo della grande storia triestina. Il seme della ditta fu piantato nel 1906 da uno spedizioniere di origine boema, Leopoldo Popper, amico di James Joyce, che era planato dall’Irlanda per dimorare, insegnare e scrivere a Trieste, che fu maestro d’inglese e forse un po’ innamorato di sua figlia Amalia. Leopoldo Popper divenne, nella penna di Joyce, uno dei protagonisti dell’“Ulisse”. Senza questo seme oggi forse anche la multinazionale danese Dsv che possiede Saima, con 33 filiali in Italia e 700 milioni di fatturato annuo, sarebbe diversa.

«Nel 2006 avevamo festeggiato i nostri 100 anni con tutti i top manager del gruppo» dice con malinconia il direttore di sede, Giampaolo Serafini. Ma pur transitata prima nella multinazionale belga Abx Logistics Worldwide, e poi nella danese Dsv, la Saima triestina ormai ridotta a piccola filiale ha dovuto cedere di fronte all’evidenza dei traffici in calo, del “rosso” che a Trieste sta aggredendo perfino uno dei “core business” della città, le spedizioni collegate all’attività portuale. La sede era stata in via Geppa, adesso è in via Caboto, ma ai tempi d’oro e cioé fino all’inizio degli anni ’90 era stata quella “storica”, ancora oggi palazzo per più motivi famoso: “palazzo Saima” era infatti l’enorme edificio tra piazza Oberdan e via Galatti poi acquistato dalla Kreditna Banka, e finito (fresco di restauro) nel relativo fallimento. Chiuso per anni, solo da pochi mesi è in mano a una nuova proprietà.

La Saima con questo nome aveva in realtà già una storia alle spalle. Popper nel 1906 era riuscito a riunire in un’unica azienda, la Adriatica società anonima di spedizioni, cinque società di spedizioni concorrenti, tutte create da stranieri arrivati a Trieste per affari sul mare. La Adriatica aveva una filiale a Costantinopoli e 2 milioni di corone come capitale. Andò a gonfie vele fino agli anni Trenta, quando sulla piazza triestina arrivò un formidabile concorrente, la Anonima Innocente Mangili fondata a Milano nel 1816. Dalla fusione nascerà la “Società anonima Innocente Mangili Adriatica”, ovvero appunto la Saima.

Questa politica di acquisizioni proseguirà senza sosta. Nel 1993 Saima acquistò la piemonese Avandero, che quanto a storia non era seconda a nessuno: le sue origini risalgono al ’700, quando aveva cominciato l’attività col trasportare prodotti tessili. I salti successivi portano alle multinazionali, e oggi il cerchio si chiude nuovamente a Trieste.

«Negli anni purtroppo non sempre abbiamo avuto fortuna - dice Serafini -, il bacino delle attività è stato sempre più spostato sul Tirreno, e noi abbiamo subìto un calo di traffici, pur occupandoci di container, nel settore merci varie. Anche altre filiali in tutto il mondo sono state chiuse, benché il gruppo danese abbia 20 mila dipendenti».

La parola “fine” sarà definitivamente scritta nei primi giorni di aprile. Tra i 9 dipendenti, per i quali è stata assicurata almeno la continuità di lavoro, «si tratta di andare a lavorare a 200 chilometri dalla famiglia - dice Serafini -, perché purtroppo la filiale più vicina è quella di Padova. Qualcuno di noi era qui da 6-7 anni, altri però da 20». E oltre alla storia personale, tutti sono consapevoli della storia imponente che c’è alle spalle.

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