A Trieste aboliti i menù etnici a scuola

TRIESTE Un involtino, almeno sui tavoli delle scuole triestine, non fa più primavera. Dopo la cancellazione del Gioco del rispetto, piomba ora sui servizi educativi comunali un secondo taglio netto con il passato incarnato dal centrosinistra: l’autarchia gastronomica. L’orientamento politico impresso dal nuovo corso del centrodestra, in effetti, è di continuare a valorizzare nelle mense scolastiche una delle due parti dei cosiddetti menù alternativi (concepiti in origine per far conoscere ai nostri figli gusti differenti figli di tradizioni altrettanto differenti) scartandone l’altra.
Restano così - anzi si rafforzano leggermente - i menù regionali d’Italia, mentre vengono eliminati i menù etnici identificabili con culture non tipicamente, per così dire, nazionali. Proposte che l’ex amministrazione aveva battezzato con l’allora assessore all’Educazione Antonella Grim “Sapori diversi” e che venivano servite nelle sale da pranzo degli istituti circa tre volte l’anno, a rotazione (altre tre invece erano riservate ai menù regionali, che da quest’anno diventano quattro). Sparisce pertanto il pranzo cinese a base di riso alla cantonese e pollo alle mandorle, come pure quello arabo fatto di cous cous e pollo speziato, piatti che comunque non erano presi per asporto ma venivano cucinati con i soliti ingredienti bio, dop, igp e quant’altro imposti dai principi del nutrizionismo negli appalti alimentari pubblici. Per lo stesso motivo non può decollare il menù americano, già ai margini del progetto per la presenza delle patatine fritte, lontane dai parametri della dieta perfetta.
Il fatto è che con cinesi, arabi e americani perdono il diritto... d’asilo (in realtà le mense scolastiche comprendono pure elementari e medie) pure due menù stranieri che ai bimbi, ma mica solo a loro, generalmente fanno gola: quello balcanico, con i mitici cevapcici e le patate al forno, e quello austriaco con wurstel, patate al tegame e Sacher. La torta di quello che fu anche il nostro imperatore.
Il cambio di rotta, fanno sapere dagli uffici del Municipio, non è messo nero su bianco in delibera, piuttosto che in una determina dirigenziale. Non ce n’è bisogno. Basta la parola. Quella che - come precisa lo stesso assessore all’Educazione Angela Brandi, da cui tale parola è evidentemente partita - si sono scambiati in tempi recenti i funzionari del Municipio e quelli della Dussmann, la multiservizi lombarda che gestisce il superlotto delle mense comprensivo di cucine dentro le scuole. La notizia della decisione presa dall’amministrazione in carica è iniziata a circolare in questi giorni dopo le prime riunioni delle commissioni mensa nei vari consigli d’istituto, alla presenza dei nutrizionisti che fanno da trait d’union di garanzia tra Comune e Azienda sanitaria. «I nostri alunni non potranno più godere del menù austriaco, con le salsicce “Vienna”e la Sacher Torte e neanche di quello balcanico con i “cevapcici”: stanno erigendo muri anche verso quelle comunità con le quali confiniamo e delle quali condividiamo vari cibi, entrati ormai nella tradizione triestina», è l’accusa lanciata dopo una di queste commissioni mensa dall’insegnante Maria Luisa Paglia, che è pure componente della segreteria provinciale di un Pd che oggi non fa sconti e ricorda come i menù etnici tra riso alla cantonese e cevapcici fossero stati introdotti come sperimentazione non da Cosolini bensì, pure prima, dal secondo Dipiazza, quando l’assessore all’Educazione era Giorgio Rossi.
In realtà una traccia scritta c’è. E non accenna minimamente, appunto, ai menù d’oltreconfine. È una circolare che gli uffici comunali hanno spedito nelle ore scorse a presidi e coordinatori pedagogici con il calendario dei quattro pranzi regionali concordati con la Dussmann e destinati a essere serviti in una trentina di scuole. Si parte oggi con il menu triestino a base di calandraca e misticanza e la carsolina come dolce. Seguiranno il 9 febbraio il menù sardo a base di gnocchetti sardi con ragù di maiale e ceci, insalata mista e torta di ricotta e mandorle, il 27 marzo il menù piemontese con polenta, funghi e formaggio, misticanza e baci di dama, e il 4 maggio il menù lombardo con riso al latte, cotoletta, carote in agrodolce e torta sbrisolona. E proprio ieri, nel nome della tradizione culinaria italiana, è arrivata pure la notizia che in alcune scuole di Trieste (otto per la precisione, per intanto) sbarca il progetto di educazione alimentare “Cosa c’è di buono?” firmato nientemeno che da Giovanni Rana per spiegare ai più piccoli come vengono prodotti i cibi. Per le classi vincitrici sono in palio dotazioni sportive e una visita al Pastificio Rana. «Inoltre - si legge in un comunicato - per ogni bambino che partecipa Rana donerà attraverso il Banco Alimentare un piatto di pasta alle persone più bisognose».
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